Denaro insanguinato

 

mk

Denaro insanguinato: come il vostro 401k[1] trae profitti dalle bombe sullo Yemen

24 giugno 2015 – Malachy Browne

https://reported.ly/2015/06/24/blood-money-italy-bomb-yemen/   [traduzione a cura di MoRAS]

Un’indagine in esclusiva di reported.ly ha tracciato la produzione e il trasporto di componenti di bombe dall’Unione europea agli Emirati Arabi Uniti, ed ha anche scoperto l’uso di bombe di produzione europea in attacchi della coalizione guidata dall’Arabia Saudita allo Yemen, dove sono state documentate morti civili potenzialmente illegali. Il produttore con sede in Germania dei componenti della bomba, la Rheinmetall AG, è una società quotata in borsa i cui azionisti principali hanno incluso una serie di imprese finanziarie statunitensi, il fondo pensione dello stato di New York, il programma di risparmio 529[1] del college della Virginia e il fondo pensione sovrano della Norvegia.

Attraverso i loro investimenti in Rhinemetall, queste istituzioni stanno ricavando profitti dalla vendita di bombe che attualmente vengono lanciate sullo Yemen. E a seconda del vostro piano di investimenti 401k, della pensione o dell’università, anche voi potete trarne profitto.

Dei documenti di trasporto e dispacci diplomatici trapelati dallo Yemen Cyber Army e inviati a reported.ly scorsa settimana, tracciano la recente spedizione di componenti di bombe dal porto italiano di Genova a Jeddah, in Arabia Saudita, per poi proseguire verso il porto di Jebel Ali a Dubai e via terra alla volta di un impianto di assemblaggio di bombe ad Abu Dhabi. Prodotte da Rheinmetall, controllata RWM Italia S.p.a., nella pittoresca isola di Sardegna, le munizioni in questione sono conosciute come le bombe MK82 e MK84. Dopo il lungo viaggio da Genova, i componenti per queste munizioni sono assemblati da Burkan Munitions Systems per le Forze Armate degli Emirati Arabi Uniti. I militari degli Emirati Arabi Uniti è una delle diverse forze che ha bombardato lo Yemen come parte della coalizione a guida saudita contro i ribelli Huthi dal mese di marzo.

Oltre alla recente spedizione di parti di bombe MK82/MK84, reported.ly ha confermato anche l’esportazione di un’altra bomba prodotta dalla RWM Italia – la MK83 – dal 2012 al 2014, alcune delle quali possono essere anche essere direttamente tracciate nella campagna di bombardamenti in Yemen. Ole Solvang, ricercatore di Human Rights Watch [HRW], ha fotografato questo specifico modello di cuscinetto della bomba con etichetta RWM Italia nello Yemen nel maggio di quest’anno. I metadati GPS nelle fotografie di Solvang mostrano che le bombe inesplose hanno colpito diversi punti di un quartier generale a Sa’dah, roccaforte Huthi nel nord dello Yemen. Reported.ly ha verificato autonomamente il sito dell’attacco incrociandolo con una video-testimonianza caricata da un utente di YouTube con base a Sa’dah di un bombardamento nella stessa area nel mese di aprile.

Tra i documenti ottenuti da reported.ly vi è una lettera della Burkan Munitions datata 21 aprile 2015. La lettera chiede ai militari degli Emirati Arabi Uniti di organizzare un permesso di transito per la spedizione per attraversare il porto di Jeddah in Arabia Saudita nel mese di maggio. La lettera è stata trasmessa dal quartier generale militare all’ambasciata degli Emirati Arabi Uniti a Riyadh, che richiedeva “l’autorizzazione diplomatica per facilitare le procedure di ingresso [nel porto di Jeddah] alla nave Jolly Cobalto, ingaggiata dalle Forze Armate degli Emirati Arabi Uniti.” Contrassegnato come “molto urgente”, il comunicato è stato inviato dal Ministero degli affari esteri saudita all’attenzione di diversi ministeri, compresi il re Salman, il principe ereditario Abdullah e il ministro dei trasporti, che funge anche da presidente dell’autorità portuale generale dell’Arabia Saudita.

La nave in questione, la Jolly Cobalto, è la più grande nave traghetto[2] per container nel mondo. Essa è partita da Genova il 12 maggio ed è arrivata a Dubai il 5 giugno, secondo i registri di MarineTraffic.com e i documenti di spedizione del proprietario italiano della nave, il Gruppo Messina.

La distinta colli per la spedizione descrive sei container da 40 piedi contenenti i componenti delle bombe MK82/MK84 prodotte da RWM Italia. Il comunicato evidenzia che la spedizione contiene componenti di bombe piuttosto che esplosivi.

La Burkan commercializza le sue bombe della serie MK80 – comprese le MK82, 83 e 84 – come “ideali per le situazioni in cui è richiesto il massimo dell’onda d’urto e della detonazione.” La MK83 da 1000 libbre trovata nello Yemen è “progettata per infliggere danni, morte e ferite attraverso l’effetto dell’onda d’urto e della frammentazione,” ha spiegato a reported.ly Mark Hiznay, esperto di armamenti di Human Rights Watch. Esse possono essere sganciate a caduta libera o dotate di un pacchetto di guida per migliorare la precisione. La MK84, citata sul documento di trasporto trapelato, pesa circa 2.000 libbre, a seconda della spoletta e della configurazione dell’impennaggio.

“A Sa’dah abbiamo documentato numerosi attacchi che reputiamo illegali”, ha osservato Ole Solvang di HRW. Sono state colpite abitazioni civili e mercati e “ci sono state diverse decine di vittime tra i civili.”

“È molto probabile che [la coalizione saudita] stia utilizzando bombe simili in aree dove sono stati uccisi dei civili”, ha continuato Solvang, “ma non possiamo confermarlo.” HRW ha anche documentato l’uso illegale e letale in Yemen di munizioni a grappolo vietate.

Migliaia di esportazioni

Reported.ly ha esaminato licenze di esportazione italiane del valore di oltre 100 milioni di euro concesse a RWM Italia dal 2012 per le esportazioni delle bombe MK82/83/84 e di altre munizioni. Milioni di euro di armi sono stati spediti in Australia e Arabia Saudita nel 2012; i documenti trapelati per reported.ly ora mostrano una linea di rifornimenti per gli Emirati Arabi Uniti. L’Italia ha concesso licenze di esportazione nel 2013 e 2014 per grandi quantità di componenti delle bombe MK83 – alcuni dei quali ultimamente sono stati rinvenuti nel terreno da HRW in Yemen – di cui un contratto da 62 milioni di euro per 3.650 bombe. Tuttavia, non è stata indicata alcuna destinazione sulle licenze del 2013 e del 2014.

La Burkan Munitions Systems un tempo era di proprietà di Rheinmetall finché non l’ha ceduta nel 2012. Nonostante la cessione, la Burkan resta “dipendente dalla tecnologia europea” per assemblare le bombe, secondo Pieter Wezeman, un ricercatore senior di armi con l’International Peace Research Institute di Stoccolma.

“La Burkan è fortemente dipendente per i componenti stranieri [per le bombe]”, ha spiegato Wezeman. “Essi sono assemblati negli Emirati Arabi Uniti e riempiti di esplosivo. Da dove ottengano gli esplosivi non lo so, ma dubito che siano realizzati negli Emirati Arabi Uniti. Credo siano realizzati in Europa e spediti in un modo o nell’altro.”

Affari come al solito?

Al di là delle questioni morali più ampie sollevate dalla produzione di armi, gli EAU e la Burkan sembrano operare nel quadro delle norme internazionali, secondo Pieter Wezeman. Egli descrive come “un buon esempio di come gli Emirati Arabi Uniti stiano attuando un sistema di esportazione/importazione di armi organizzato secondo gli standard internazionali. In caso contrario, il rischio più grande poteva essere che le armi venissero incanalate nella sfera illegale.”

Detto questo, la concessione di licenze da parte del governo italiano solleva questioni importanti. Gli Stati membri dell’UE sono vincolati a criteri specifici rispetto alle esportazioni di armi, come ha spiegato Patrick Wilcken, ricercatore di Amnesty International sul controllo degli armamenti, la sicurezza del commercio e diritti umani:

In base al Trattato sul Commercio delle armi e alla Posizione Comune dell’UE sul controllo delle esportazioni di armi, l’Italia deve garantire una rigorosa valutazione del rischio caso per caso di ogni proposta di trasferimento di armi per determinare se vi sia un rischio sostanziale che le armi possano essere utilizzate dal destinatario per commettere o facilitare gravi violazioni dei diritti umani internazionali e del diritto umanitario. Qualora vi sia un rischio sostanziale, l’Italia deve negare la licenza di esportazione. [Enfasi di reported.ly]

In collaborazione con Giorgio Beretta, analista dell’Osservatorio permanente sulle armi (OPAL) a Brescia, Italia, reported.ly ha esaminato tutte le licenze di esportazione rilasciate a RWM Italia dal governo italiano nel 2012, 2013 e 2014. Solo nel 2012 ha rilasciato una licenza di esportazione per parti di MK82/84, come parte di un acquisto di 8 milioni/500 mila euro da parte dell’Arabia Saudita. Questo solleva la questione se la spedizione di componenti di MK82/84 del maggio 2015 – per non parlare dei frammenti delle MK83 trovati nello Yemen questa primavera – siano stati esportati in modo corretto. È possibile che la licenza di esportazione per le bombe inviate nel maggio 2015 sia così nuova da non essere stata ancora rilasciata, o che le bombe siano state esportate come parte di un accordo militare bilaterale e non incluso nelle informative ufficiali. Reported.ly sta aspettando una risposta da parte del Ministero degli Affari Esteri italiano per chiarire la questione. 

La società dietro le bombe

Rheinmetall AG, con sede in Germania, gestisce la filiale italiana che ha prodotto i componenti della bomba. Dopo profitti modesti nel 2013 e nel 2014, le stime di mercato aggregato da parte di Bloomberg prevedono che l’azienda tornerà a 130 milioni di euro di profitti nel 2015 – con un incremento del 642%. L’attività globale di Rheinmetall è divisa in due settori: difesa e automotive. La relazione annuale 2012 della società ha documentato più di 2 miliardi e 200 milioni di euro di vendite relative alla Difesa nel 2014 – quasi la metà delle loro vendite totali per quell’anno. La Difesa ha anche rappresentato il 71% del suo volume d’affari complessivo. Secondo l’analisi di JP Morgan, Rheinmetall ha anche un portafoglio ordini di oltre 6 miliardi e 500 milioni di euro in ordini per la Difesa; questo probabilmente stimola il prezzo delle azioni, ha concluso. JP Morgan Chase & Co è stata, fino a poco tempo, una dei più grandi investitori di Rheinmetall, secondo i rapporti degli azionisti Rheinmetall, nonché dei dati aggregati sulla partecipazione azionaria compilati da Bloomberg.

Le relazioni dell’assemblea generale annuale di Rheinmetall di maggio erano meno di buon auspicio. L’attenzione era focalizzata su una richiesta di risarcimento di 120 milioni di euro alla Rheinmetall depositata presso il governo tedesco per la perdita di un contratto con la Russia a causa dell’embargo per l’Ucraina. Gli attivisti anti-armamenti hanno criticato la crescente delocalizzazione della produzione della società in paesi come il Sud Africa, l’Arabia Saudita e l‘Indonesia, dove dicono l’attività aziendale sia sempre più difficile da governare. Infatti, Rheinmetall è stata multata per 37 milioni di euro nel mese di dicembre 2014 per tangenti pagate da una delle sue consociate in un traffico di armi greco.

A parte l’Arabia Saudita, la Rheinmetall è legata in modo controverso al governo del Bahrein, dove vengono brutalmente soppressi i diritti civili e il diritto internazionale calpestato. Attraverso attivisti locali, John Horne e il gruppo di monitoraggio del Bahrain Watch ha più volte documentato l’uso di candelotti di gas lacrimogeno non marcato e granate stordenti si dice prodotti dalla Rheinmetall Denel, una società controllata con sede in Sud Africa. Le prove precedentemente verificate e documentate da questo scrittore per l’agenzia di stampa Storyful nel corso del conflitto in Bahrain mostrano un ripetuto uso vergognoso e illegale di gas lacrimogeni da parte delle forze di sicurezza in Bahrein. In una dichiarazione alla tv tedesca Deutsche Welle, Rheinmetall ha detto di non aver venduto né fornito candelotti di gas lacrimogeni al governo del Bahrain. 

State ricavando profitto dalla guerra in Yemen?

JP Morgan non è affatto sola se parliamo di istituzioni finanziarie che hanno investito nella Rheinmetall negli ultimi anni. Allianz, Hartford, BlackRock, Dimensional Fund Advisors LP e HSBC sono tra le circa  200 istituzioni e fondi finanziari che hanno investito nella Rheinmetall quest’anno. Questi investimenti sono poi raggruppati in fondi e titoli disponibili al pubblico, compresi i piani pensionistici e fondi pensione.

Un fondo sovrano – fondo pensione dello stato norvegese – ha tratto profitto da Rheinmetall, poiché possedeva una quota dell’1,87% della società alla fine del 2014, quando il valore della partecipazione era di 243,5 milioni di corone (32,6 milioni di dollari / 27 milioni di euro). Il fondo pensione è stato votato nell’Assemblea Generale della Rheinmetall a maggio, esercitando così il proprio ruolo di azionisti.

Anche CollegeAmerica, il più grande piano di risparmio 529 degli Stati Uniti, con 45 miliardi di dollari di patrimonio, ha investito nella Rheinmetall. Così pure il fondo pensione dello Stato di New York con i suoi 176,8 miliardi di dollari, gestiti per conto di un milione di membri, compresi dipendenti statali e locali.

JP Morgan è stata fino a poco tempo una dei principali azionisti di Rheinmetall, ma nelle ultime settimane ha ridotto in modo significativo la sua partecipazione in Rheinmetall, secondo un documento pubblico reso noto il 16 giugno. Gruppi di attivisti in Germania stanno sostenendo una campagna in cui chiedono agli altri azionisti di disinvestire e al governo federale di ritirare le licenze concesse per le esportazioni verso l’Arabia Saudita, il Qatar e l’Indonesia. Dimostrazioni congiunte durante l’assemblea generale annuale della società a Düsseldorf e nel suo ufficio di Berlino nel maggio chiedevano agli azionisti di disinvestire dalla società. 

Dietro i documenti

I documenti ottenuti da reported.ly sono filtrati da un gruppo che si autodefinisce Yemen Cyber Army, che ha rivendicato la violazione del Ministero degli Esteri saudita a maggio. Il gruppo sostiene i ribelli Huthi dello Yemen, che sono attualmente presi di mira dalla coalizione saudita. Il ministero ha confermato alla Saudi Press Agency un “limitato attacco elettronico” il 22 maggio. Gli hacker hanno caricato una cache campione di documenti per comprovare l’azione e hanno dichiarato che “i documenti e le e-mail segrete” saranno pubblicati gradualmente. Il gruppo ha detto di aver anche hackerato i ministeri degli interni e della difesa sauditi e che avrebbe rilasciato ulteriori informazioni nel “prossimo futuro”. Per quanto riguarda lo scopo dell’attacco, il gruppo ha scritto “In questo modo [i sauditi] si renderanno conto almeno un po’ come ci si sente quando le nostre donne e bambini innocenti si precipitano nei rifugi piangendo e cercando i propri cari nel buio.”

Wikileaks recentemente ha pubblicato i documenti presi dal Ministero degli Esteri saudita, che reported.ly ritiene siano i documenti dello Yemen Cyber Army. Al momento della stesura [di questo pezzo ndt] non sembra che i documenti di spedizione qui esaminati fossero inclusi nella versione iniziale da Wikileaks. Lo Yemen Cyber Army ha postato il 28 maggio che i documenti erano stati sottoposti a Wikileaks “per il backup”; Wikileaks non ha rivelato la fonte dei suoi documenti. Altra documentazione vista da reported.ly corrisponde con ciò che Wikileaks ha pubblicato, suggerendo che i  documenti trapelati sono gli stessi.*

Commento di uffici stampa aziendali

Raggiunti per un commento sul nostro rapporto, Rheinmetall, JP Morgan Chase, Credit Suisse, The Hartford, Capital Group e Dimensional hanno ammesso di aver ricevuto le nostre domande, ma non hanno rilasciato commenti.

Reported.ly in diverse occasioni ha anche telefonato e scritto via e-mail a Burkan Munition Systems per commenti; ma non hanno risposto.

Norges Bank, in rappresentanza del fondo pensione sovrano della Norvegia, ha risposto così: “L’investimento responsabile è parte integrante della gestione del fondo [pensione]. Secondo le linee guida per l’osservazione e l’esclusione dal Government Pension Fund Global, il Fondo non verrà investito in società che a loro volta, o attraverso entità che controllano, producono armi che violano i principi umanitari fondamentali attraverso il loro uso normale.” Norges Bank poi ci riporta al suo Consiglio Etico per le questioni relative alla presunta violazione di queste linee guida.

Allianz ha dato una risposta dettagliata, che si allega alla fine di questo articolo.

BlackRock ha detto che “i titoli di questa società sono detenuti per conto dei clienti e la maggior parte di loro sono in fondi indicizzati passivi le cui proprietà sono determinate dal fornitore dell’indice che imposta l’indice e riflettono parametri di riferimento che i nostri clienti stanno cercando di seguire.”

HSBC e l’ufficio del New York State Comptroller, che gestisce il Fondo pensione NYS, al momento della pubblicazione non avevano risposto. 

Morale

Sarà ben piccola sorpresa per molti [sapere] che le bombe prodotte da una società tedesca vengano spedite alle forze armate di tutto il mondo; così è la natura del commercio internazionale delle armi. Ciò che qui interessa è la sbirciatina consentita dai documenti trapelati all’interno della catena di fornitura e spedizione delle armi, dal sito di produzione in Europa verso specifici paesi impegnati in conflitti. Per i residenti della UE, in particolare, è importante conoscere la scala del commercio delle armi da parte dei paesi dell’Unione Europea. Per le persone in tutto il mondo che hanno una partecipazione in fondi pensione e altri piani di investimento che possono includere Rheinmetall nei loro portafogli, è importante sapere se involontariamente beneficiano dal commercio di armi.

Nel frattempo, restano senza risposta da parte delle autorità italiane le domande su chi abbia concesso licenze di esportazione per RWM Italia. Membri del parlamento italiano potrebbero presentare interrogazioni parlamentari alle agenzie governative interessate, e abbiamo intenzione di presentare domande con l’aiuto di Giorgio Beretta in Italia.

Reported.ly continuerà a controllare la Rheinmetall, il suo impatto sul conflitto nello Yemen e le entità che investono in esso. Come notato sopra, Wikileaks ha pubblicato una prima tranche di documentazione ottenuta dallo Yemen Cyber Army; intendiamo analizzare questi documenti per ulteriori informazioni che possano illuminare gli altri aspetti della storia. Pubblicheremo anche aggiornamenti appena sentiremo di imprese che investano in Rheinmetall.

________________________________________

A cura di Andy Carvin.

Un ringraziamento speciale a John Horne, Bahrain Watch; Margot Williams, ricercatore presso Ole Solvang, HRW; Mark Hiznay, HRW; Pieter Wezeman, SIPRI; Giorgio Beretta, OPAL; Patrick Wilcken, Amnesty International; analista finanziario anonimo.

Ulteriori grazie di reported.ly a Marina Petrillo, così come a Conor Fortune e alla Amnesty International’s Gulf Division per l’assistenza di traduzione, insieme a Jenny Hauser e dei nostri traduttori arabi volontari che desiderano rimanere anonimi per la loro sicurezza. Grazie anche to Polish Seaman su YouTube, che ha fornito riprese video dal porto di Genova.

________________________________________

Risposta di Allianz:

Allianz applica una politica di esclusione a livello di gruppo per assicurazioni e investimenti patrimoniali in materia di armi proibite. Queste includono munizioni a grappolo, mine antiuomo, armi chimiche e biologiche, secondo le convenzioni internazionali. Ipotetiche esposizioni possono riguardare gli investimenti per conto di clienti terzi. In questi casi è nostro dovere fiduciario seguire le esigenze di investimento dei nostri clienti. La possibilità di applicare questa politica di esclusione varia per alcuni tipi di investimenti patrimoniali, quando: – le aziende soggette a restrizioni sono elencate sugli indici principali di borsa, e possono, quindi, essere parte di prodotti indicizzati (ad esempio derivati, fondi indicizzati, ecc.) – Allianz investe in fondi di investimento esistenti (inclusi gli investimenti unit-linked) e dove gli investimenti sono effettuati secondo il prospetto del fondo – Allianz utilizza temporaneamente beni di proprietà per istituire un fondo per i clienti terzi e la composizione del fondo si basa alle esigenze specifiche di questi clienti. Al fine di sviluppare ulteriormente le nostre ambizioni di sostenibilità ambientale ed economica per gli investimenti indicizzati, ci confrontiamo con i fornitori degli indici su come integrare la sostenibilità ambientale ed economica nei principali prodotti collegati all’indicizzazione.

Questa politica fa parte delle 13 politiche di sostenibilità ambientale ed economica per le aree sensibili, come petrolio e gas, grandi infrastrutture, diritti umani e altro. Sono state sviluppate in collaborazione con le ONG nel 2012 e 2013 e sono in vigore per la nostra attività dal gennaio 2014.

Maggiori dettagli qui.


Malachy Browne

Malachy è caporedattore e in Europa di ancoraggio di Reported.ly. Con sede in Irlanda, Malachy collabora con il team europeo su storie internazionali emergenti attraverso le comunità on-line e reti cittadine. Malachy ha narrato sulla primavera araba, i conflitti in Costa d’Avorio, lo Yemen, la Siria e l’Ucraina, crisi umanitarie da carestia della Somalia per Typhoon Haiyan, e sui movimenti per i diritti sociali e civili. Ha scritto sui testimoni oculari e sulle reti cittadine per Al Jazeera, Open Democracy e il Centro europeo di giornalismo.

Malachy è stato in precedenza News Editor con Storyful, la prima agenzia di stampa sociale. Ha creato e curato la corrente degli affari sito e la rivista archivio irlandese, Politico.ie (2009). Ha lavorato per la rivista politica Village (2006-2008), contribuendo a partire dal 2004 come freelance all’Irish Sunday editions. Un tempo programmatore di computer, a Malachy piace l’innovazione e creare tecnologia che alimentano il lavoro del giornalismo e i diritti umani.

E-mail: malachy@firstlook.org

Twitter: @malachybrowne

Facebook | Instagram | Reddit


note dei traduttori

[1] benefit aziendale comune negli Stati Uniti, si tratta di un piano pensionistico supplementare in cui i soldi versati godono di una tassazione differita. Non si pagano le tasse finché non si intende godere dei frutti dell’investimento

[1] piano di risparmio per l’istruzione universitaria.

[2] roll-on/roll-off: nave traghetto con modalità di imbarco/sbarco di mezzi o merci su veicoli gommati in modo autonomo