La fabbrica di bombe a Domusnovas, la legge e le chiacchiere

 

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Da tempo, ormai, diverse testate giornalistiche e alcuni parlamentari di vari schieramenti politici si stanno occupando della legittimità che la fabbrica Rwm di Domusnovas possa produrre bombe da spedire in Arabia Saudita, con le conseguenze che tutti sappiamo.

La discussione verte sulla legge 185/90 che disciplina le esportazioni belliche italiane, considerata una delle leggi più severe e restrittive al mondo; o almeno lo era, visto che in quasi trent’anni ha avuto diverse modifiche ed alleggerimenti vari. Discussioni che rischiano di impantanarsi e di essere fuorvianti, così come lo sono state con i poligoni e le basi, sulla diatriba per la presenza o meno di uranio impoverito e altre sostanze tossiche, come se fosse solo un problema di salute pubblica, considerando inoltre che le Commissioni che dovrebbero decidere su questi dati sono paradossalmente legate agli stessi ingranaggi dello Stato che trovano le basi militari, i poligoni e il traffico di bombe, strategici per le politiche estere, dove la guerra è uno dei fattori in primo piano.

Per ritornare alla legge 185/90, cercheremo di analizzare le parti più salienti per capire di cosa si parla. Gli articoli più importanti o almeno quelli che riguardano  il caso specifico sono:

Art.1. L’esportazione, l’importazione e il transito di materiale di armamento nonché la cessione delle relative licenze di produzione devono essere conformi alla politica estera e di difesa dell’Italia. Tali operazioni vengono regolamentate dallo Stato secondo i principi della Costituzione repubblicana che ripudia la guerra come mezzo di risoluzione delle controversie internazionali.

Art.2. L’esportazione, l’importazione e il transito dei materiali di armamento, nonché la cessione delle relative licenze di produzione, sono soggetti ad autorizzazioni e controlli dello Stato, ossia sarà il governo e il parlamento a decidere e visionare, ed infine

l’art. 5 che cita: L’esportazione ed il transito di materiali di armamento, nonché la cessione delle relative licenze di produzione, sono vietati quando siano in contrasto con la Costituzione, con gli impegni internazionali dell’Italia e con i fondamentali interessi della sicurezza dello Stato, della lotta contro il terrorismo e del mantenimento di buone relazioni con altri Paesi, nonché quando manchino adeguate garanzie sulla definitiva destinazione dei materiali.

Leggendo la legge sembrerebbe banale discutere sul fatto che basterebbe semplicemente farla applicare, ed infatti è banale ma non è così semplice. Una delle modifiche sostanziali della legge è stata quella fatta con il decreto del 22 giugno del 2012 n. 105, dove di fatto le industrie della difesa sono diventate holding internazionali, con partecipazioni incrociate, che fanno coproduzioni di progetti internazionali, e all’interno di queste modifiche, fra gli altri, si trova probabilmente uno degli appigli che fanno sì che il ministro della Difesa Pinotti possa alzare la voce nel difendere l’operato del suo ministero e del governo, ossia il “potere di veto” da parte dei servizi di intelligence sulle esportazioni e sul segreto di questi su alcune manovre interstatali a riguardo del traffico di armi inerenti la “sicurezza nazionale”. Tutto ciò a scapito della legge stessa che prevede la trasparenza e l’obbligo per il Governo di relazioni annuali da presentare alle Camere, riguardanti la vendita di armi. E questo nel 2012, prima ancora che cambiassero tutti gli scenari globali.

“Siamo in guerra”: con queste parole, il giorno successivo agli attacchi dello scorso novembre a Parigi, il governo francese ha proclamato lo stato d’emergenza. In base alle leggi francesi, lo stato d’emergenza dovrebbe durare solo 12 giorni. Dopo il famoso novembre, l’assemblea nazionale francese ha prorogato l’emergenza per altri tre mesi e così via. Tutto questo serve a far capire che ormai “siamo tutti in guerra” e, soprattutto mediaticamente, tutti possibili vittime del terrorismo, vivendo con la paura indotta della strage. Con questa logica di perenne emergenza siamo trascinati dentro i conflitti globali e gli affari che da essi scaturiscono.

Questo viene riportato e ricordato dalla stessa legge 185/90, riguardante l’esportazione di armamenti: … sono vietati se sono in contrasto con gli impegni internazionali dell’Italia e con i fondamentali interessi della sicurezza dello Stato, della lotta contro il terrorismo e del mantenimento di buone relazioni con altri Paesi … come dire: non è mai difficile trovare l’inganno nelle leggi italiane così come in questo caso, essendo sempre in perenne allarme terrorismo, avendo buoni rapporti da tenere con altri Paesi e i vari impegni (affari) internazionali da rispettare, tutto è nella norma, come dice la Pinotti.

Insomma è evidente la forzatura e la confusione collettiva di identificare la legge con la giustizia o, come potrebbe essere, per restare in tema, il soldato o il mercenario con il portatore di pace, e qui è facile il riferimento all’art 1 quando recita: … Tali operazioni vengono regolamentate dallo Stato secondo i principi della Costituzione repubblicana che ripudia la guerra come mezzo di risoluzione delle controversie internazionali … infatti basta ricordare l’aggressione alla Jugoslavia nel 1994/95 e nel 1999, in Afghanistan nel 2001, in Iraq nel 2003 in Libia e in Siria nel 2011 e così via, per capire la valenza della legge e le sue ambiguità.

Dal 2005 al 2009 l’area di maggior interesse per la vendita di armi italiane è stata l’Unione Europea, negli anni successivi invece l’interesse è stato verso il Medio Oriente e il Nord Africa con un giro d’affari di 5 miliardi di euro, ultimamente il flusso maggiore è stato verso l’Arabia Saudita e gli Emirati Arabi Uniti, dove appunto rientrano le nostrane bombe di Domusnovas. L’Arabia Saudita, tanto per ricordarlo, è un solido alleato occidentale, quindi anche italiano ma soprattutto Usa ed è anche, e soprattutto, un solido contenitore di petrolio. Stiamo parlando, oltre a tutto, di una monarchia islamista di stampo sunnita, con rapporti, anche se turbolenti con gli stessi Daesh (che ovviamente possono sempre servire). E col potere sionista. Insomma, il posto giusto dove tessere le trame per il controllo di tutto il Medio Oriente.

Questo fa sì che le migliaia di morti, fra cui centinaia di bambini dello Yemen, che l’Arabia Saudita sta macellando con le bombe di Domusnovas o con le sue donne prese a frustate se fanno un sorriso per strada, passino in secondo piano e non interferiscano sul mantenimento delle buone relazioni

Aggrapparsi quindi ai rami deboli e pericolanti della legge 185/90 serve ben poco.

Certamente è giusto citarla e tenerne conto, ma senza tralasciare il fatto che la fabbrica di Domusnovas va fermata, così come le basi e i poligoni; e vanno fermate con ogni mezzo possibile, non perché ce lo dice – anche perché, come abbiamo visto, non ce lo dice! – quella legge di uno Stato asservito alla Nato e alla logica guerrafondaia, ma perché sono illegittime per l’esistenza umana e per il rispetto della sua dignità. Altrimenti si rischia di fare solo chiacchiere, appunto, mentre l’atrocità della guerra prosegue la sua inarrestabile corsa e il solito politicante di turno ne trae profitto per rimanere a galla nel marasma istituzionale, spolverando soluzioni inesistenti e inconcludenti.