Sotto le macerie mediatiche. Sfruttamento e miseria.

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In sordina, come sempre, approfittando delle macerie mediatiche, delle paure quotidiane, del sangue terroristico internazionale o casereccio, la politica economica del governo Pd macina dolorosamente fette sociali sempre più consistenti, tra lavoratori, pensionati, precari e disoccupati ormai ridotti in povertà.

Il ministro del lavoro, ex capo di Lega coop, Poletti, col suo linguaggio da trattoria emiliana, periodicamente spara le sue bordate sul lavoro e sui lavoratori, con superficiali invettive che trovano poco ascolto mediatico, ma che sono comunque pericolosissime e mettono in evidenza la politica governativa in materia. L’ultima boutade è stata quella, di qualche tempo fa, sull’orario di lavoro, parlando delle 8 ore come roba vecchia, insistendo sul fatto che i giovani lavoratori devono adeguarsi ad orari sempre più flessibili e a straordinari imposti (magari gratis, come Expo insegna, grazie all’accordo con Cgil, Cisl e Uil sull’assunzione gratuita di 18 mila giovani) e parla, inoltre, non più di giornaliere e riposi ma di obiettivi aziendali e in base a questi, di paghe conseguenti. Insomma, dopo il Jobs Act, che già massacra quanto resta della contrattazione nazionale, il ministro del lavoro del governo Pd, vuole accelerare lo smantellamento definitivo della pur minima tutela operaia; parole e intenti che, purtroppo, con la globalizzazione finanziaria e le politiche ultraliberiste degli ultimi anni, in buona parte delle situazioni lavorative sono già una triste realtà.

Le conseguenze dell’attacco diretto al mondo del lavoro e a tutta la società si quantificano con le cifre riportate dagli apparati istituzionali stessi, che già per propensione sminuiscono la realtà, ma che prese comunque alla lettera sono da paura e delineano il quadro di un paese sicuramente poco civile, dove l’attacco padronale e capitalista riporta indietro di decenni le lancette dell’esistenza operaia e della vita di ormai milioni di persone.

Il maggior sfruttamento salariale o lavoro gratuito si nasconde (ma solo per chi non lo vuole vedere) soprattutto nel Terzo Settore, e i dati di Unioncamere, ossia l’Unione italiana delle Camere di commercio, industria, artigianato e agricoltura, ci dicono che in questo settore si contano circa 300 mila istituzioni, tra cooperative sociali, associazioni, comitati e fondazioni, in cui complessivamente sono impiegati 680 mila addetti, 4 milioni di volontari e 300 mila lavoratori esterni, con un giro d’affari di circa 65 miliardi di euro, ossia oltre il 3% dell’economia nazionale. Una bella torta per i padroni famelici.

I dati Istat che più fanno riflettere sull’accanimento del nuovo riformismo padronale di Confindustria e Pd, sono quelli inerenti le pensioni e la povertà nel nostro paese. Le cifre statistiche parlano del 40,3% dei pensionati che percepisce un reddito inferiore a 1000 euro al mese. Si tratta di oltre 6 milioni e mezzo di persone, quasi un pensionato su due e sono, invece, circa 240 mila i cosiddetti “pensionati d’oro” sopra i 5 mila euro al mese. Grazie alla catastrofica riforma Fornero, il reddito medio di chi ha iniziato a ricevere la pensione nel 2014 é di 13.965 euro, circa 3.000 in meno rispetto a chi la percepiva nel 2013. Grazie a questa riforma, i pensionati fra il 2011 e 2014 sono diminuiti di 400 mila unità. Le donne sono sempre più penalizzate, poichè circa 4,2 milioni percepiscono meno di 1000 euro al mese e oltre 1 milione non arriva a 500 euro. In più, dal 2016 scatteranno gli scaloni previsti e dovranno lavorare 22 mesi in più per arrivare alla pensione!

Secondo i dati del Censis, in Italia ci sono circa 17 milioni di persone a rischio povertà o esclusione sociale, pari al 28% della popolazione. Il valore medio europeo è di circa il 24%.

Nel 2015 gli operai hanno avuto un taglio della spesa media familiare di circa il 7%. Aumentano vertiginosamente anche gli sfratti e il numero di coloro che non hanno più possibilità di avere un tetto per una vita decente. In Sardegna in un anno sono stati registrati 650 provvedimenti di sfratto, più o meno 2 al giorno, mentre quelli eseguiti sono stati 370. Nel 2005 se ne contavano 185, cioè a dire che in dieci anni sono praticamente aumentati del 100%, con conseguenze gravissime sul piano sociale. Si propagano le situazioni estreme, lo sfaldamento di decine di famiglie, coniugi costretti a scegliere uno il dormitorio, l’altro il rientro dai genitori, figli a rischio di affidamento.

A questi dati va aggiunto quello fornito dall’ISTAT sul bilancio demografico relativo al 2015 e che ha già suscitato discussioni e approfondimenti. La mortalità nel 2015 in Italia è aumentata di 68.000 unità, un incremento dell’11,3% rispetto all’anno precedente. Alcuni siti ed istituti di analisi demografica si interrogano sul significato di questo aumento, arrivando a formulare ipotesi preoccupanti: riscontrato un aumento del rifiuto alle prestazioni sanitarie perché troppo costose, ci si interroga sulla relazione esistente tra crisi economica, tagli alle prestazioni sociali e sanitarie e impennata della mortalità: si muore di più perché ci si cura di meno, perché rimangono pochi soldi dalle misere pensioni e perché tantissimi non possono pagare i ticket sanitari? Se già ora decine di migliaia di persone evitano di farsi visitare per i costi eccessivi delle cure, cosa succederà con il taglio di 208 prestazioni diagnostiche considerate inappropriate dal governo e dalla ministra della sanità Lorenzin? [nota 1]

La scure delle nuove politiche neo liberiste si abbatte sul mondo del lavoro per poi insinuare, come abbiamo visto, i suoi tentacoli su tutta la società; scure che ha il nome di Jobs Act, Sblocca Italia, Garanzia giovani, Buona scuola, ma anche: socio lavoratore, tirocinanti, volontari, stagisti e così via. Generazioni di giovani, masse di lavoratori senza tutela alcuna, migranti sfruttati all’occorrenza o lasciati affogare in mare o in miseria, milioni di esseri umani in mano a pochi miserabili con lauti profitti, sempre in aumento, proporzionati all’aumento della povertà e dell’umiliazione. Nel mentre ci dilettiamo con le beffe strutturali del sistema come, giusto per fare un esempio, il fallimento di alcune banche risarcite con oltre 4 miliardi di euro da recuperare dal pane dei pensionati, precari e operai.

Da anni i processi di crisi e ristrutturazione hanno ridisegnato la composizione del tessuto sociale e delle classi, generando una frammentazione sociale sempre più capillare, provocando – tra le altre cose – un vuoto di potere contrattuale, associativo e conflittuale; il tutto accompagnato dal rafforzamento del sindacato corporativista responsabile, legato sempre più agli obiettivi padronali e aziendali, che usano la crisi come strumento di assestamento strutturale dello sfruttamento operaio e sociale.

Insomma tra perenni emergenze, paure, nevrosi collettive o il cosiddetto vivere civile messo in discussione dall’invasione islamica, il circo mediatico cerca di offuscare l’arroganza del governo Renzi e il suo tirare dritto senza tentennamenti. Anche se ormai, qui come in tutta Europa, sono sempre più in movimento masse di uomini, lavoratori, sfruttati e di chi lotta per la sopravivenza, costretti ad affrontare la legge del mercato e dei padroni che schiaccia totalmente la loro vita; masse in movimento, che per forza di cose dovranno prendere e stanno già prendendo consapevolezza nella lotta, perché non hanno più niente da perdere, se non la propria precarietà e le proprie catene.

Nota 1:

Gian Carlo Blangiardo, dell’Università di Milano Bicocca, commenta così: “Il dato è impressionante. Ma ciò che lo rende del tutto anomalo è il fatto che per trovare un’analoga impennata della mortalità, con ordini di grandezza comparabili, si deve tornare indietro sino al 1943 e, prima ancora, occorre risalire agli anni tra il 1915 e il 1918: due periodi della nostra storia segnati dalle guerre che largamente spiegano dinamiche di questo tipo. Viceversa, in un’epoca come quella attuale, in condizioni di pace e con uno stato di benessere che, nonostante tutto, è da ritenersi ancora ampio e generalizzato, come si giustifica un rialzo della mortalità di queste dimensioni?” (vedi, a questo proposito: http://www.neodemos.info/68-mila-morti-in-piu-nel-2015/)