Spiagge, recinti e frontiere

spiaggia

Il piccolo Aylan insieme ad ormai migliaia di esseri, che come una beffa vengono ancora considerati umani, non riusciranno ad assorbire il concetto devastante di frontiera perché affogati dall’acqua, dall’ignoranza e dall’ignavia. La deriva, con corpi straziati e offesi, sta trascinando probabilmente e irrimediabilmente un mondo, il mondo, verso la cancrena finale di una corsa sfrenata dove, di questo passo, non rimarranno spettatori per assaporarsi il finale, ma solo macerie di profitto ed eccedenze produttive. La frontiera della decenza umana è stata oltrepassata con quella spiaggia, con quel corpicino, o con quella spiaggia a Gaza dove altri corpicini hanno oltrepassato i confini  della loro breve esistenza, come anche il bimbo ucciso in questi giorni nel Donbass da una granata dei nazisti ucraini, tutti dimenticati in fretta, proprio mentre altre spiagge facevano finta di niente o chiudevano gli occhi per l’insopportabile crudeltà delle immagini; facevano finta di niente consapevoli che non è giusto interrompere la felicità di chi, tra il gelato e la crema abbronzante, si considera non colpevole.

L’aberrazione che l’ignoranza riesce ad inculcare sull’uomo, spiazza qualsiasi analisi o logica antropologica; la prepotenza ne confeziona i pensieri, riuscendo a manipolare i termini, riuscendo a trasformare l’uomo in clandestino, l’accoglienza in recinti, i mediocri in rappresentanti e i furfanti in risolutori.

Quell’immagine sulla spiaggia è riuscita a catalizzare l’ipocrisia come mai nessun buon regista è riuscito a fare, focalizzando in positivo, solo, quel brandello di speranza che è Kobane, dove l’immagine stessa ha finito la sua corsa, abbracciata da quella terra che riesce ancora a dare sollievo e luce per una ricostruzione. Una terra che accoglie e raccoglie i suoi figli, intimando loro di esistere e resistere; una terra dove uomini e donne stanno riuscendo, col loro coraggio, a demolire gli steccati della brutalità umana; una terra che darà forza e speranza a quell’umanità che sfida il mare, il mare dell’ingiustizia, del sopruso e della sofferenza; il mare “dall’acqua troppo fredda”, per dirla con le ultime parole del piccolo Aylan, mentre scivola dalle mani del padre insieme al suo fratellino, prima di essere inghiottiti dalle frontiere della barbarie.