Fuoco amico

Riceviamo e pubblichiamo

Come tutti gli anni, in Sardigna, si risolleva il problema degli incendi boschivi e puntualmente si risollevano le polemiche, sterili, pro forma articolate e giustificate, così come le proposte alternative. Lo scenario è sempre lo stesso, ma quest’anno c’è qualcosa di diverso, cioè la proposta e raccolta firme del movimento  Liberu. Per chi non fosse informato la riassumo velocemente: Canadair direttamente acquistati e gestiti dalla regione Sardegna, potenziamento squadre antincendio, e adeguamento della pena carceraria fino a 15 anni di reclusione con l’equiparazione al reato di strage.

Rispettabili i primi punti per quanto mancanti di un analisi economica sulla gestione di una macchina di quel tipo, ma entro nel merito della questione, la richiesta di un aumento della pena carceraria e la certezza della pena stessa…

Analizzando il problema fine a se stesso bisogna dire che gli incendi più gravi appartengono a storie di ordinaria repressione e sfruttamento, dal taglio dei boschi millenari per le ferrovie, passando per la speculazione sul carbone di legna, allo scovare i “banditi “e non lasciar loro spazi vitali fino alla speculazione edilizia ed alla politica di cementificazione del “villaggio turistico Sardegna”.

Da fine degli anni ’80 tale rapporto è modificato radicalmente, è stato istituito l’ente foreste con l’assunzione di migliaia di lavoratori in tutto il territorio, vi è stata la legislazione sulla non fabbricabilità dei siti bruciati per dieci anni e la repressione non ha più bisogno di scovare nessuno alla macchia, dotata come è di sistemi satellitari, microspie e di tutta la nuova tecnologia sperimentale di cui conosciamo sulla nostra pelle le porcherie e le conseguenze.

Viene spontaneo domandarsi perché il persistere dei roghi? Intanto non esiste un’educazione sociale, un mondo (la scuola e la società) che insegna ai bambini a primeggiare l’uno sull’altro, la meritocrazia, il trasformare ogni atto umano in guadagno e denaro a qualunque costo, la soggettività basata sulla prevaricazione dell’ultimo e del debole, non credo sia base fondante per un humus culturale di rispetto della natura e dell’essere umano in quanto tale.

Questi punti creano il problema, dall’affidamento ai privati del taglio del legnatico nelle foreste demaniali con un continuo aumento della speculazione alle battaglie fra piccoli comuni – ormai in molti casi completamente dipendenti dall’economia dei cantieri forestali – per un posto di lavoro in più in terre contese … insomma da tempi immemorabili la pratica è sempre la stessa, divide et impera, la guerra fra poveri.

Ciò di cui raramente si parla sono gli incendi provocati dalle cabine elettriche, dove gli enti gestori hanno l’obbligo di ripulire dalle sterpaglie per un ampio raggio e della variabile indipendente, coloro che appiccano un incendio senza un motivo plausibile, per il solo piacere di osservare il rogo, gli idioti contro cui nessuna prevenzione e formazione può nulla, e che sono responsabili  in questo momento della  maggioranza degli incendi.

Dopo un introduzione veniamo al succo del problema, la proposta politica e la necessità di un analisi politica.

Chiedere la galera e la certezza della pena per gli incendi è di per sé un atto politico, che non si chiude su un ristretto tema, ma che amplia e contraddistingue chiare e nette scelte di campo.

Da sempre si chiede il superamento del sistema carcerario e mai un movimento politico appartenente all’area comunista, libertaria, che sia essa indipendentista o meno, ha mai fatto proposte tali e usato parole d’ordine appartenenti ad una cultura repressiva e giustizialista. La non comprensione di un elemento così importante sta a significare che trent’anni di lotta di classe al contrario hanno funzionato e modificato radicalmente la capacità di critica ed analisi di molti pseudo compagni, dalle cosiddette politiche del fare più che del pensare, alla concretezza del subito piuttosto che alla lungimiranza di un progetto, all’incapacità dialettica nel ricevere una critica ed invece che articolare una risposta intelligente si preferisce attaccare personalmente dei compagni, creare un rapporto di superiorità (non si comprende di cosa) sufficienza, distacco, farfugliando parole e toccando argomenti quali la pedofilia, buttando tutto in un grande calderone nel tentativo di difendere una posizione assurda ed incomprensibile.

La problematica è l’assenza di un ragionamento e di una pratica politica, dalla proposta alla difesa, le argomentazioni usate sono “di pancia”, equiparabili alle proposte razziste della destra più becera contro gli immigrati e che in qualche modo le sdoganano.

Altro problema è l’insegnamento alla denuncia, dalla richiesta della certezza della pena, alla delazione all’infamità, la subalternità e l’utilizzo degli strumenti del padrone facendo uso dei suoi servi protettori. Pensiamo che ogni cosa possa essere gestita a camere stagne? Crediamo che il cittadino che denuncia il paesano incendiario alla “giustizia” non denunci altrettanto chi pratica un esproprio o un atto qualsiasi contro il capitale?

Ci possiamo felicitare di un incendiario (che rimane, sempre e comunque, un essere umano) in prigione e non guardare le conseguenze sul tessuto sociale di un atto simile? Dall’impoverimento della famiglia allo scontro con i delatori, tutte cose che a lungo andare, distruggono irreparabilmente i rapporti sociali delle nostre comunità e ne modificano il tessuto, disarticolandole a favore del potere costituito.

Viene da chiedersi cosa abbia portato un movimento, che rivendica essere la sinistra indipendentista sarda, a fare una campagna di questo genere, delineando un cambiamento radicale nei rapporti politici, con un riconoscimento implicito (o esplicito?) dello stato e dei suoi strumenti repressivi ed allontanandosi totalmente dalla dialettica politica “alternativa” per abbracciare a piene mani la via istituzionale e praticare una politica urlata, elettoralistica, piccolo borghese e meschina.

Questo contributo, per quanto duro ma non poteva essere altrimenti, si pone il fine di cercare di comprendere, e far riuscire a capire a tutti se si tratta di un abbaglio o se i termini di ragionamento sono finiti e ci si pone nettamente dall’altra parte della barricata, perché ovviamente non si discute con il padrone, non con le sue regole.

Pascaleddu