In miniera

 minatori
Non voglio parlare di storia delle miniere in Sardegna, ne son pieni libri, documentazioni e archivi. Vorrei parlare, invece, della trasformazione del mondo operaio, con i suoi sogni, le sue illusioni e le sue rese, legato alle miniere in genere. Ho conosciuto tramite la memoria storica, la vita dei minatori in Sardegna, gli eccidi dei primi scioperi, i primi moti socialisti e rivoluzionari, e ho conosciuto di persona il mondo della miniera, i suoi odori, le sue polveri, odori acidi e polveri finissime e insinuose. Ho conosciuto tramite mio padre minatore, le lotte per non abbandonare questi odori e queste polveri, il coinvolgimento umano alle viscere della terra, che creava dignità, unione di classe, passione sindacale e passione politica. Ho conosciuto questo mondo per oltre trent’anni; da bambino vedevo e sentivo il sindacato di “base” costruito nei pozzi e nelle gallerie, la sua forza creata dall’impulso operaio, la sua determinazione, senza mediazioni, ma anzi, con “l’arroganza” di classe che creava la consapevolezza di ottenere tutto, anche se il tutto era solo un salario più o meno dignitoso, un futuro più o meno concreto, per i figli, per le famiglie. Mi ricordo le assemblee, gli scioperi, i blocchi stradali all’uscita del paese, il coinvolgimento di popolo, la forza dirompente dell’unione, quando il “Capitale minerario” creava le crisi per farsi più forte e sottomettere maggiormente la forza lavoro; i dirigenti impauriti dalla rabbia dei lavoratori, che se ne andavano con le braghe che puzzavano di paura, la felicità della conquista sindacale, quella vera, quella costruita sotto terra, nelle gallerie e non negli uffici comodi e pattinati dei sindacati servili di oggi. Esempi di determinazione dove la dignità non veniva mai barattata con briciole o elemosine; la lotta pagava, ha sempre pagato, ma solo con la forza e il rischio. Questa era la miniera, questi erano i minatori. Ora “queste” miniere non esistono più, esistono solo le strutture, che hanno creato il futuro dei minatori e delle loro famiglie, non esistono più quei minatori, dove il futuro l’hanno perso perché uccisi dagli acidi e le polveri, che ne hanno divorato il fegato e i polmoni, non esiste più la loro rabbia, la consapevolezza dell’unione e della forza, dell’importanza del vivere in una classe che crea solidarietà e fratellanza. Quel che è rimasto son solo strutture “turistiche”, territori da bonificare e mai bonificabili, dove sciacalli privatistici fanno le danze del profitto, trasformando i siti minerari in carrozzoni da ufficio di collocamento e depositi di voti, assunzioni a orologeria utili al momento del ricatto, per poi scaricarle come merce inservibile, sempre più alla mercé di pseudo sindacati, asserviti a questo gioco al massacro sociale, e ai partiti sempre più burocratizzati e al servizio di una economia
fasulla e criminale, dove hanno incrementato la loro linfa vitale sulle file dei disoccupati, sui morti nelle viscere della miniera e sulle loro illusioni di un futuro di eguaglianza e comunitarismo sociale. Quando rivedo la lotta di quei minatori, quando ne rivedo le loro sofferenze, quando risento la loro tosse e rivedo il loro sputare sangue, e quando oggi vedo le passerelle di lotta, elemosinare conforti, senza senso, baciamani ai prelati o ai politici collusi con questa deriva, penso che bisogna ritornare indietro col tempo, assaporare il rischio di riprendersi tutto, far puzzare di nuovo le braghe a questi criminali, bloccargli i loro “transiti”, le loro tranquille vite luccicanti di benessere, costruite sul sudore e le illusioni di quei “mangiatori di terra”, anche per dare loro rispetto e onorarne la loro memoria. Solo così la lotta può dar conforto vero, speranza per un nuovo futuro, come sperava mio padre e i suoi compagni e altre migliaia di minatori, altrimenti è solo far sentiero per arrivisti senza scrupoli, chiamati come una beffa, ancora, sindacati o ai politicanti di stampo mafioso considerati “vicini ai lavoratori”. Reggere la passerella a questi malfattori è non aver rispetto a quella tosse e a quel sudore, ma è solo esser complici di un futuro disumano sempre più vicino e inevitabile.
Nikola