Come molti sicuramente sanno Internet nasce negli anni 70 come protocollo di trasmissioni dati in uso all’esercito americano.
ARPANET, così si chiamava inizialmente, era un sistema abbastanza rudimentale che doveva garantire le comunicazioni strategiche in caso di attacco nucleare.
L’evoluzione tecnica della rete e dei diversi protocolli andrà avanti sempre più veloce sviluppandosi in maniera proporzionale al numero di connessioni della rete stessa.
L’uso civile, soprattutto universitario e dei centri di ricerca scientifica privati che necessitano di strumenti di calcolo sempre più potenti, permetterà la costruzione concentrica della rete basata sulla libera circolazione delle informazioni, quindi sull’esigenza di un linguaggio condivisibile. L’Internet si sviluppa quindi senza un centro nevralgico, piuttosto come un insieme di nodi, di aggregati.
Gli utilizzatori iniziali non hanno a disposizione un’interfaccia grafica, le icone non esistono ancora, ci penserà APPLE a introdurle nei sistemi operativi dei suoi computer. I primi PC sono comunque inadeguati per gestire una grafica complessa che necessita di microprocessori altrimenti potenti.
La rivoluzione copernicana arriverà grazie proprio alla potenza di calcolo delle prime reti e naturalmente ai microchip di nuova generazione partoriti nei laboratori INTEL, AMD, tra gli altri e installati soprattutto sui modelli IBM che commercializza i PC sul pianeta intero.
Infine arriva Microsoft che da un sistema operativo tanto caustico quanto povero, il DOS riuscirà a creare il sistema operativo per eccellenza che sarà installato su tutti i PC: Windows.
Sino a che, grazie alla rete, non si svilupperanno i sistemi operativi Open-Source come Linux, Windows sarà praticamente in situazione di monopolio sui PC, con la sola alternativa tecnicoindustriale di Apple che funziona su un’architettura diversa e molto più affidabile, (ma sviluppare questo discorso ci porterebbe troppo lontano dai nostri intenti).
Riprendiamo dunque: le icone e la grafica sono lì per facilitare, ”democratizzare” l’uso della rete all’utilizzazione di massa.
Il fruitore di internet ignora che dietro la grafica di facciata ci sono monotone linee di codice di programmazione, formule matematiche complesse, algoritmi sofisticati che permettono ai motori di ricerca di creare le interazioni tra i contenuti del WEB e di farlo quasi istantaneamente.
Internet sembra un dono inaspettato del solo dio moderno che crea davvero miracoli: La scienza, the BIG SCIENCE.
Infatti un’idea comunemente diffusa sostiene che la Scienza non è in sé né buona né cattiva; sono gli esseri umani che ne fanno un buono o cattivo uso. Eppure i motivi per mettere in discussione questo assunto sono tanti. Prendiamo per esempio un farmaco, il “Mediator”, medicinale della società SERVIER, che è stato prescritto per quasi un ventennio per tenere sotto controllo il diabete.
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Benché il farmaco non avesse nessun effetto effettivo sulla malattia, veniva comunemente prescritto come inibitore della fame in tutta Europa. Al seguito di denunce di diversi medici si è scoperto che gli effetti del farmaco erano devastanti per la salute dei pazienti, sia per quelli che ne facevano un uso appropriato e peggio per quelli che ne facevano un uso improprio e reiterato per dimagrire . Si calcola che solo in Francia abbia causato più di cinquecento decessi. In Spagna e Italia,dove il farmaco è stato messo al bando dal 2003 non si hanno statistiche sui decessi. La proprietà e la direzione dell’azienda sapevano sin dallo sviluppo del principio attivo che il farmaco aveva effetti secondari peggiori del male che doveva curare, pertanto non hanno esitato a commercializzare un’arma di distruzione di massa. I costi della ricerca erano troppo importanti per fare marcia indietro.
Gli esempi sulla non neutralità della scienza in quanto processo tecno-scientifico applicato alla produzione sono innumerevoli, per non citare che questi: l’amianto, il sangue contaminato, le farine animali, i vaccini, le fughe radioattive, il DDT, le tecnologie militari (una bomba a grappolo che esplode in un campo profughi è anche una bella riuscita scientifica oltre che un crimine contro l’umanità) e tanti altri, certamente molti di più di quelli che sono sotto i nostri occhi tutti i giorni.
Su queste tematiche precise torneremo in altre occasioni, per adesso questa tirata ci permette di allargare la riflessione sul cuore palpitante delle tecno-scienze, la programmazione informatica.
Dalle macchine a controllo numerico l’evoluzione dei codici informatici (sistemi esperti) ha permesso il passaggio ai robot industriali nelle catene di montaggio dove sostituiscono progressivamente gli operai. Le stampanti 3D stanno rivoluzionando il concetto stesso di produzione e mandando a gambe per aria la solidità di molte teorie sul valore. Scanner ad alta risoluzione, TAC, PET, sistemi ottici atomici stanno rivoluzionando la medicina così come rivoluziona il vivente la mappatura dell’DNA.
Tutta la grande scienza ha oramai un’estensione nel mondo virtuale dei codici binari che diventano già obsoleti di fronte alla rivoluzione della meccanica quantistica applicata all’informatica; dai BIT ai QBIT.
Intanto il mondo intero vive in maniera schizofrenica questo passaggio epocale e l’immagine dei mendicanti col telefono cellulare dei quartieri di Calcutta ne è il paradigma.
Le nuove tecnologie numeriche hanno scoperchiato il vaso di Pandora e insieme ai doni sono arrivate le nuove schiavitù.
Possiamo affermare senza paura di spararla grossa che il problema non è la scienza ma le sue applicazioni tecniche, il suo farsi merce, il suo farsi capitale attraverso i brevetti, il suo farsi profitto attraverso la sua forma materiale in quanto tecno-scienza.
Svilupperemo questi concetti altrove, per ora torniamo alla rete .
WEB or not to WEB…
Allora usare il web, starci dentro oppure rifiutarlo?
Anche ora sei dentro la rete, anche questo sito e il tuo computer sono parte integrante della rete.
Ad ogni connessione contribuiamo a complessificare la rete inserendo nuove informazioni, creando nuovi percorsi, moltiplicando i nodi di raccordo tra le varie strutture di conoscenza per gli algoritmi dei motori di ricerca. I signori del WEB, i Big Data (Amazon, Google, Yahoo, FB, Apple, You Tube) controllano in tempo reale ogni nostro gesto. Se vai a cercare una macchina fotografica o una bicicletta, il motore di ricerca ti incollerà un cookie che permetterà di ritrovare l’IP del tuo computer al commerciante a cui Google o Yahoo avranno venduto l’informazione. Chiunque abbia fatto questa esperienza sa quanto sia sgradevole trovarsi sulla pagina web decine di pubblicità di macchine fotografiche o telefoni o chissà cos’altro.
Puoi eliminare le spam ma non puoi cancellare i dati del tuo navigare nella rete; oppure sei bravo come uno di Anonimus e allora sono loro che devono avere paura, perché come dice De André: sin che li cerco io i latitanti sono loro…
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Loro (i Big data) conoscono i tuoi desideri e le tue frustrazioni, i tuoi bisogni e i tuoi mezzi. Nella rete sei un Target e come obiettivo sei tracciato, braccato. I Big data sono i moderni mercanti nel tempio, solo che questo tempio profano che è la rete benché virtuale non ha niente di metafisico crea invece interazioni empiriche tra le merci e i soggetti, tra i controllori e i controllati.
Qualche anno fa il dirigente di una famosa rete televisiva europea aveva definito i telespettatori come ore di cervello da vendere alla pubblicità.
Per i Big Data siamo tutti dei Target, profili da vendere anche a pezzetti: come fruitori di servizi, di merci, di sogni, di paure. Profili per assicurazioni, servizi fiscali, banche, polizia, servizi segreti.
Siamo tutti coscienti di questa nuova schiavitù? Lo sei quando sui profili FB insieme ai tuoi gusti musicali e alle tue amicizie pubblichi anche le tue foto, quelle dei tuoi amici, quelle dei tuoi figli. Lo sai che FB ha messo a punto un programma di riconoscimento facciale (deepface ) il cui algoritmo è capace di riconoscere le facce memorizzate sulle foto anche vent’anni dopo e anche se compaiono in contesti differenti?
Il riconoscimento facciale è già in uso negli aeroporti, nelle telecamere di controllo delle città e dei centri commerciali ad uso dei servizi di polizia, ma nessuno ha mai avuto prima d’ora una base dati biometrica così precisa e chiara, così numerosa e in aumento esponenziale: mettetevi in posa, sorriso, Ciack siete nella scatola.
Quando ti muovi nelle metropoli sei riconosciuto da ogni sistema automatico pubblicitario che ti spedisce un SMS per proporti l’ultima novità in fatto di profumi, mutande o occhiali. Questo perché l’operatore telefonico ha commercializzato il tuo numero e la tua identità, oppure questa è stata piratata e rivenduta ed è la stessa cosa, perché grazie alla geolocalizzazione il tuo telefono segnala il tuo passaggio nel mondo reale sia al poliziotto che all’agente di commercio.
Non serve avere letto 1984 di Orwell e visto Minority Report per capire che i Big data ci stanno costruendo intorno l’universo concentrazionario, il Panopticon descritto da M. Foucault in “Sorvegliare e Punire”.
Allora che fare ?
Creare il nostro internet, creare i nodi della rete di controinformazione globale.
Creare i luoghi di connessione tra il virtuale e il reale,moltiplicare i LINK tra le realtà antagoniste della rete e quelle dei territori. Un sistema tutto da pensare che però può vedere il giorno solo se anche tu partecipi alla sua creazione. Ti offriamo un luogo dove puoi esprimere, anche molto semplicemente, il rifiuto ad essere manipolato, la volontà ad essere protagonista di cambiamenti reali senza delegare a nessuno il tuo diritto alla libertà.
Il nostro è un progetto ambizioso, velleitario diranno in molti, eppure ogni volta che sulla rete appare un nuovo sito antagonista si crea una nuova sinapsi dell’intelligenza collettiva anticapitalista.
UBIK
Ottobre 214
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