Cinque anarchici del Sud. Una storia negata Fabio Cuzzola
Città del sole Edizioni
Descrizione
“Ci sono voluti trent’anni perché uno spiraglio di luce rompesse la cappa dell’indifferenza e della cancellazione della memoria”. Il libro Fabio Cuzzola riporta alla luce una storia negata del 1970. Durante la rivolta di Reggio Calabria, un gruppo di giovani anarchici perde la vita in un misterioso incidente proprio mentre si recavano a Roma con uno scottante dossier sulla strage del treno di Gioia Tauro. La rivolta di Reggio, l’attentato al treno, la morte di questi giovani s’inseriscono tra gli episodi oscuri che sconvolsero l’Italia degli anni ’70.
26 settembre 1970 cinque anarchici Annalise Borth, Angelo Casile, Gianni Aricò, Franco Scordo, Luigi Lo Celso, muoiono in uno scontro con un autotreno. Uno strano incidente, uno dei tanti episodi oscuri legati a quella che passerà alla storia come «la strategia della tensione».
Il libro tenta di ricostruire e di riportare alla luce, dall’ombra in cui è stata sepolta, la storia dei cinque anarchici calabresi morti in uno strano incidente a settembre del 1970 mentre si recavano a Roma. Per andare alla manifestazione contro la visita in Italia di Nixon dissero, ma probabilmente invece andavano li per incontrarsi con un avvocato e consegnare il dossier che avevano raccolto in una contro inchiesta, e dimostrava le responsabilità dei fascisti e della criminalità organizzata nell’attentato al treno del Sole Palermo-Torino avvenuto poche settimane prima. Attentato che provocò sei morti e innumerevoli feriti. Polizia e magistratura insabbiarono tutto dicendo che si trattava di un incidente, accusando poi i ferrovieri di omicidio colposo. Siamo nei primi anni settanta, in Italia c’è già stata piazza Fontana, il pericolo di un colpo di stato è più di una remota possibilità e la morte di cinque anarchici, cinque compagni è solo un fastidio. Solo i loro compagni e Lotta Continua pongono dei dubbi su questo autotreno guidato dagli uomini di Valerio Borghese, il principe nero e golpista.
Dal punto di vista della ricostruzione e della contro inchiesta, il libro è forse carente di documentazione e aggiunge poco alle già scarne notizie. Il vero merito del testo è quello di restituirci, al contrario dell’immagine velinare di un giornalismo stupido e servile, che descriveva i giovani calabresi come mentecatti, l’umanità, la bellezza, la voglia di vivere e lottare di cinque ragazzi che non accettavano supinamente lo stato di cose presente (…)Stavano tra la gente cercando di capire, di interpretare, di portare il loro contributo. Avevano profeticamente capito che eravamo di fronte a quello che in geometria analitica si chiama “punto di flesso”, una fase di passaggio delicata, confusa e contraddittoria.(…)
Questa loro convinzione, li porto a perdere la vita.
E allora anche questo libro diventa un libro necessario per capire la rivolta degli anni settanta, per capire le ragioni di chi era disposto a lottare per ideali di uguaglianza e giustizia; una giustizia che non viene dalle aule di un tribunale, ma dal vivere quotidiano fra gli ultimi.
Ancora un libro necessario, come fu, anzi come è ancora oggi, quello di Licia Pinelli «Una storia quasi soltanto mia».
Néstor Roca
Commenti recenti