Nel 2007 è iniziata la grande “traversata” dell’Expo a Milano, trascinando con sé devastazione, mazzette, bugie e sfruttamento, il tutto oliato mediaticamente con la farsa dei posti di lavoro, ricchezza sociale e addirittura tutela dell’ambiente. Il devastante impatto di questa faraonica impresa è servito esclusivamente ad alimentare la logica mafiosa delle cosiddette “Grandi Opere”, con il dissanguamento di ricchezza pubblica, ossia di soldi di noi tutti. Con la legge 133/2009, per far partire la giostra Expo, infatti, si son potuti deviare i finanziamenti dalla spesa pubblica, agevolando la privatizzazione dei beni comuni per poter far cassa, tutto questo a scapito della collettività e della ormai sempre più precaria esistenza di migliaia di famiglie.
Diritti, territori, spazi, cultura, sono sacrificati per l’ennesima mastodontica mazzetta nazionale, dove la solita bolgia politico-mafiosa trae giovamento e forza per “continuare” ad esistere. La vergogna dell’Expo e dei suoi cantieri da terzo mondo non trovano spazio nel teatrino mediatico: sfruttamento, precarietà, lavoro nero sono la prassi ed il primo assaggio dei nuovi meccanismi schiavistici del Jobs Act, passati come ossigeno per la ripresa economica e occupazionale. Devastazioni ambientali, con strutture “passeggere” costruite con milioni di metri cubi di cemento utilizzabili per sei mesi, per poi lasciare le ennesime macerie al tempo a venire, considerati templi della modernità; la spudorata propaganda di nuove tematiche ambientali, quella dello sfruttamento sistematico delle risorse mondiali che dovremo imporre ai contadini del sud del mondo, considerate i nuovi dettami per il “rispetto” della terra, della natura e dell’uomo.
Per propagandare l’Expo si è arrivati anche alla mistificazione del linguaggio, assumendo come proprie le parole d’ordine dei movimenti che si battono per un’economia diversa, sostenibile, come quelli che si riconoscono nel movimento internazionale La Via Campesina o, per rimanere in Italia, in Genuino Clandestino.
Dietro alle parole, da loro svuotate di senso e solo di propaganda, come sostenibilità, “riuscire a garantire cibo sano, sicuro e sufficiente per tutti i popoli, nel rispetto del Pianeta e dei suoi equilibri”, si palesano le multinazionali. Come la Monsanto, la multinazionale dei semi più odiata dai contadini; la Nestlè, che si occuperà della distribuzione di milioni di bottiglie d’acqua in tutto il mondo con il logo Expo ed è la stessa che vorrebbe quotare in borsa l’acqua come avviene col petrolio; la multinazionale del cibo spazzatura Mc Donald’s, i cui danni prodotti dal suo cibo sono ben raccontati dal film Super Size Me. E ancora la Mekorot, l’azienda idrica israeliana che depreda l’acqua dalle falde acquifere palestinesi in palese violazione del diritto internazionale e dei diritti umani; oppure ancora, la Coca-Cola, che, oltre alle politiche di sfruttamento umano e ambientale classiche, che l’accomuna a tutte le multinazionali citate, è responsabile dell’omicidio di sindacalisti e attivisti del sindacato colombiano Sinaltrainal.
Il modello proposto con l’Expo è quello di legittimare i programmi di deregolamentazione del TTIP, il cui obiettivo è eliminare le barriere normative di protezione ambientale e della sicurezza alimentare, di tutela dei lavoratori; la regolamentazione dell’uso di sostanze chimiche tossiche; un sistema, in breve, per cui ogni nuova regola che esiste o che verrà introdotta, non dovrà disturbare gli affari delle lobby delle grandi imprese.
Ma d’altronde, il tema di Expo 2015 è nutrire il pianeta (sic!). Con Mc Donald’s e Coca Cola partner e sponsor ufficiali – citando da numerosi blog sulla rete – “è come se Erode fosse testimonial dell’UNICEF”!
Le multinazionali, che oggi assurgono a “salvatrici dell’ umanità”, che proprio con la dicitura “Nutrire il pianeta” la fanno da padrone di casa, nella fiera dell’assurdo che è l’Expo, sono le stesse che affamano il pianeta e accumulano profitto dal “cibo” e dal suo controllo, esclusivamente in base ai loro calcoli affaristici. Nazioni come Israele, che trovano un posto di privilegio in questa parata, presentate come esempio per il mondo del futuro e per l’agricoltura all’avanguardia, dove il loro colorato padiglione, denominato come una beffa “i campi di domani”, nasconde il sangue (di oggi) del genocidio palestinese. Una vergogna senza fine.
Noi non sappiamo se la partecipazione di Vandana Shiva possa in qualche modo essere anche un’occasione, una finestra sul mondo, per rilanciare le vere priorità come la sovranità alimentare e il diritto all’acqua per tutti possa essere rivendicato, un luogo dove i movimenti sociali possano ribadire che un altro mondo è possibile. Forse, questo, è un termine ormai desueto, abusato, a volte tradito, ma vogliamo usarlo ancora una volta perché viene da lontano, condiviso fra le moltitudini che si sono incontrate fra Puerto Alegre, Seattle, Montreal, Goteborg, Genova… e racchiude i sogni di chi veramente ancora pensa e lotta perché ciò sia veramente possibile.
Certo è che quello che ci aspetta è un lungo percorso di lotta che ci porti ad uscire dal modello di produzione che oggi il capitale impone. MODELLO EXPO COMPRESO. http://tinyurl.com/k7mwo3a
Maiali e maialetti
Mentre anche la Sardegna si prepara a sbarcare all’Expo con fantasmagorici cantanti che, pare, si esibiranno in lingua nuragica (a dimostrazione che alla stupidità non c’è mai limite) è notizia di questi giorni dell’“esclusione” dei maialetti sardi dai banchetti famelici dell’Expo.
Una notizia che, secondo la logica nazional-popolare, parrebbe dover provocare sdegno tra i sardi più degli ultimi dati agghiaccianti sulla povertà nell’isola, dove una famiglia su quattro è da considerarsi povera o di quelli che in Sardegna, ottanta comuni su cento sono a rischio idrogeologico e ogni inverno guardano il cielo come un nemico pauroso o di quei dati, ancora, che parlano di migliaia e migliaia di ettari coperti da cemento, basi militari e “cattedrali nel deserto” o degli ultimi dati sulle ricerche tumorali che parlano della Sardegna come una delle regioni più inquinate e a forte rischio …
Per restare in fascia nazional-popolare, persino Briatore ha considerato una “maialata” l’esclusione dei suinetti sardi. Il re delle nottate smeraldine conosce bene il “valore” del suo essere maiale e dell’altrui maialetto; l’ha conosciuto a casa di (alcuni) sardi e negli ovili di (alcuni) pastori, che son convinti di ammaliare, con il loro strisciare e con la loro bava, la natura becera e arrogante del “mecenate” milionario …
(miseru s’anzone k’isetat latte dae su mariane)
MORAS, marzo 2015
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