Nelle ultime elezioni regionali, con la percentuale di astensione dal voto salita ad oltre il 50%, si è tracciato un nuovo strappo nella cosiddetta democrazia italiana. La crisi, non solo economica, sta intaccando sempre più la società nel suo insieme. Il rifiuto della politica da Palazzo, che si protrae già da diverso tempo, può considerarsi, oggi, un segno nuovo, una sorta di messaggio, nella complessa situazione sociale. Questo rifiuto si espande non solo nei confronti della compagine governativa, ma anche sul contesto di una qualsiasi opposizione. Finita l’era dipietrista, macinata dalla sua stessa identità giustizialista, ora il sistema, dopo averlo “inghiottito”, si appresta a vomitar fuori dalle sue stesse viscere il grillismo che, per alcuni versi, anche se molto blandi, è stato l’unico oppositore, nel circo parlamentare, di questa svolta istituzionale da partito unico (Pd-Pdl). Così come è avvenuto con la pseudo sinistra che, abbandonata la piazza, si è infangata nella palude istituzionale e governativa e con i resti delle sue macerie, non può far altro se non auto-commemorarsi col suo “bel” passato. Opposizioni che non spaventano di certo la macchina istituzionale, fin quando i problemi sociali e reali non vengono messi all’ordine del giorno di un contesto politico e diretto, di rottura effettiva e non solo con frangenti isolati, da risolvere con decreti legge o con referendum in rete; opposizioni che non fanno più presa, ormai, se non nei pochi interessati, nel dare ancora il voto, come impegno politico, perché è evidente la loro impotenza, nell’ostacolare l’irrefrenabile macina del potere. Il sistema, riesce sempre a “gestire” le sue crisi d’apparato, ma lo stravolgimento che può creare il suo “discredito” elettorale può creargli, a lungo termine, la nascita di una vera delegittimazione, di un vero tracciato, all’interno della società che, per sua natura, deve
imbrigliare dentro le sue “reti”. Ovviamente l’astensione non modifica, certo, la potenza dei manovratori governativi, e infatti proprio in questi giorni stanno imponendo scelte economiche da stillicidio sociale, marciando senza rilevanti “intoppi” (dal loro punto di vista).
Allo stesso tempo, si sta sempre più concretizzando la realtà che quella parte di rifiuto elettorale più cosciente e motivata stia ingrossando nelle file della rabbia sociale. Il solco netto, tracciato fra lo Stato e i Territori, iniziato dal governo Prodi, e da quello, da indecenza umana, dei governi Berlusconi, prima, e dall’era “montiana” e “renziana”, poi, ossia la fine dello Stato Nazione, o almeno ciò che esso ha rappresentato per quasi tutto il novecento repubblicano, si è sempre più esteso, con l’intensificarsi delle strutture sovranazionali e delle corporazioni finanziarie, che ormai decidono il futuro economico e sociale di interi popoli. Strutture che agiscono per rafforzare e accelerare, i processi politici, economici (come il TTPI, il devastante trattato “multinazionale”) e militari, di un blocco imperialista, su scala continentale. La dichiarazione di Renzi sul fatto che “l’astensionismo è un problema di secondo piano”, la dice lunga sulla sudditanza delle politiche pseudo nazionali, alle strutture sopra citate. All’interno di questo sfaldamento, si gioca il futuro, da concretizzare nelle lotte, approfittando del disgusto che sta montando contro questa barbarie, questa indecenza e questo incancrenirsi della crisi; crisi creata, pilotata e imposta ai governi fantocci, che ha portato l’annullamento definitivo, di ogni margine di manovra all’interno dell’ormai, infranto, sogno democratico. Frantumato questo sogno, non resta che l’impegno assiduo, costante e quotidiano, nel rimestare fra le sue ceneri e le sue macerie, in cerca di un nuovo “inizio”, come in qualche modo sta succedendo. L’alzare il “tiro”, della nuova compagine di potere, con il Jobs Act, il cosiddetto Salva Italia e la legge di stabilità, sta già creando, infatti, le condizioni per incrementare le lotte e continuare ad ampliare “il solco” e la rottura, con l’auspicio che si vada oltre il non voto, che altrimenti resta un “problema secondario”, per l’ingranaggio criminale, di questa pseudo democrazia.
Nikola
12 Dicembre 2014
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