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Intervista a Mehemet esule in Francia, militante del centro culturale curdo di Parigi
Puoi farci un breve riassunto della storia del Kurdistan e delle ragioni del frazionamento del suo territorio ?
I curdi appartengono allo stesso titolo dei persi, al ceppo indoeuropeo, un popolo antico di millenni, diviso attualmente in quattro paesi. L’Iran che conta otto milioni di curdi, l’Iraq con cinque milioni, la Siria tre e infine la turchia dove vivono venti milioni di curdi. Il Kurdistan si estende su 530 000 chilometri quadri ,praticamente dal Mediterraneo al Golfo Persico partendo dalla turchia lambisce leggermente il nord della Siria e copre le regioni nordiche dell’Iraq, per poi penetrare in Iran seguendo la curva discendente di una buona parte della frontiera sino alle rive del Golfo. La nostra lingua è d’origine indoeuropea ed è apparentata al Persiano moderno, la religione principale dei curdi é attualmente l’Islam sunnita mentre nell’antichità i curdi praticavano lo Zoroastrismo . Il trattato di Sevrés (Francia) firmato il 10 agosto 1920 tra le nazioni alleate vincitrici della prima guerra mondiale e la turchia, prevedeva la creazione di un Kurdistan indipendente nell’est dell’Anatolia e nella provincia di Mousul, ma nel 1923 il trattato di Losanna conduce all’abbandono dei diritti dei curdi e da allora sino al 1984, data dell’ultima rivoluzione curda, ci sono state una serie di rivolte spietatamente represse. Nel 1946 Qazi Mohamet proclama la repubblica curda di Mahabad in Iran, dissolta quattordici mesi dopo dall’esercito Iracheno. Nel 1984 viene creato il PKK (partito curdo dei lavoratori) con Abdullah Ocalan tra i fondatori. Il 4 ottobre 1992 avviene la proclamazione da parte del parlamento Curdo, dello stato federale dell’Iraq del nord e infine nel gennaio 2013 la proclamazione, da parte dei curdi siriani dello stato di autogestione democratica di tre cantoni di Rojava (Kurdistan siriano).
L’attualità drammatica che vive la città di KOBANE ci impone appunto di iniziare ad analizzare la situazione dei curdi in Siria. Cosa puoi dirci della situazione attuale ?
L’abbiamo già detto, nel Kurdistan siriano vivono tre milioni di curdi, molti di meno oggi a causa dell’esodo causato dalla guerra. Da diversi decenni ormai i curdi siriani si sono visti rifiutare la nazionalità siriana e di fatto non sono riconosciuti come cittadini di questo paese. Esistono tre grandi città curde in Rojava:CIZRE, AFRIN e naturalmente KOBANE. In queste tre città la maggioranza degli abitanti è curda, ma sono presenti anche minoranze arabe, armene, assire, caldee e turcomene. A partire dal gennaio 2013 è stato creato in queste tre città un sistema democratico di autogestione che rappresenta oltre il popolo curdo, tutte le altre minoranze etniche in eguale misura.
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Il modello democratico dell’amministrazione autonoma della Rojava è un esempio per tutte le popolazioni della Siria. Infatti questo modello è laico, pluralista e permette di realizzare l’unità nella diversità. Kobané é uno di questi cantoni ed è situata a nord della frontiera con la Turchia; attualmente è circondata da zone controllate da DAESH (ISIS o stato islamico). Il 15 settembre scorso, l’organizzazione DAESH ha messo in atto una vasta offensiva su diversi fronti contro la città di Kobane. E’ la terza volta dal marzo scorso che questa organizzazione tenta d’impadronirsi della città, senza successo. Le prime due volte è stata respinta, ora riunisce tutte le sue forze per un attacco finale. DAESH è penetrata nella città grazie all’utilizzo di armi pesanti di fabbricazione americana. Attualmente migliaia di persone devono affrontare la minaccia di genocidio, ma nonostante questo la popolazione tenta di resistere con armi leggere contro gli attacchi brutali di bande pesantemente armate. Per essere soccorse possono contare solo sul sostegno di YPG eYP(unità di protezione del popolo) e del PKK (partito dei lavoratori curdi).
E stato detto che i curdi siriani hanno adottato una posizione di neutralità tra il potere e l’opposizione combattente non islamista e che questa sarebbe la causa di un assenza di solidarietà delle altre comunità in questo momento. Cosa puoi dirci a questo proposito?
Dall’inizio della rivolta possiamo considerare che i curdi siriani abbiano fatto la scelta della neutralità tra il potere e le forze di opposizione perché, da una parte l’opposizione a Bachar El-Assad era contro il modello democratico di autogestione e poi perché all’interno del loro movimentovi erano già ben inseriti dei gruppi islamici radicali da cui provengono attualmente molti dei combattenti di DAESH. E’ principalmente per questa ragione che i curdi di Rojava sono rimasti neutrali e ci si può facilmente rendere conto oggi quanto giusta sia stata questa decisione, visto che sono proprio le forze curde l’ultimo baluardo contro DAESH.
Pensi che ci sia un rapporto tra l’accanimento di ISIS e la volontà di spezzare il sogno d’unificazione della nazione curda? E d’altra parte, questo sogno è ancora all’ordine del giorno?
Certamente, come ormai tutti sanno, l’ISIS è sostenuto dal Quatar, dall’Arabia Saudita e naturalmente dalla turchia,che lo fa apertamente. Il sostegno della turchia all’ISIS non è casuale. La turchia ha per ambizione quella di occupare il curdistan siriano e di mettere fine al sistema democratico di autogestione messo in essere nei tre cantoni di cui parlavamo più sopra. Per questo motivo la turchia cerca di ostacolare la resistenza di Kobane contro l’ISIS e di imporre il suo progetto di una zona tampone a nord di questa città. L’unificazione del Kurdistan si farà può darsi un giorno e io penso che in fondo di ognuno di noi ci sia questa volontà, ma non è questa la priorità attualmente per il popolo Curdo. La priorità per il popolo Curdo è quella di vivere democraticamente nei propri paesi rispettivi che siano questi la turchia, l’Iraq, l’Iran e la Siria.
La Turchia fa parte della NATO, pensi che dietro il “laisser faire” nei confronti di ISIS si nasconda una strategia strumentale dei servizi occidentali per “riconfigurare” il Medio Oriente?
Come dici tu, la turchia fa parte della NATO dunque deve manovrare secondo le direttive prese in quell’ambito anche se non sempre queste decisioni vanno nel senso dei suoi progetti, dunque si, il “laisser faire” può venire anche da lì.
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Öcalan ha minacciato il governo turco di mettere fine ai negoziati sulla risoluzione della questione curda se non si fosse permessa la creazione di un corridoio umanitario che consentisse ai combattenti del PKK di portare un aiuto militare ai fratelli siriani. Quale è stata la reazione turca nei fatti?
Effettivamente OCALAN ha messo in guardia il governo Turco per quanto concerne la politica che questo stato sta attuando nei confronti dei curdi in Siria, politica che favorisce ISIS dal momento che col blocco delle frontiere per i combattenti curdi, che non sono solo i militanti del PKK ma anche semplici cittadini curdi che vogliono essere in prima linea per difendere i loro fratelli di Kobane, cosa che invece i turchi hanno interesse a evitare. In cambio i turchi lasciano passare la frontiera ai miliziani di ISIS per partecipare alla loro sedicente djiahad che altro non è che un massacro. Se la turchia continua su questa linea OCALAN metterà fine ai negoziati sulla questione curda. In seguito a questo avvertimento di OCALAN e alla pressione dei paesi Occidentali, tra i quali gli USA, abbiamo constatato che la turchia ha aperto la frontiera al passaggio dei combattenti dell’opposizione e delle forze armate del Kurdistan iracheno. Detto questo, vale la pena di notare che i turchi non permettono l’intervento del PKK.
Dopo le rivolte Curde nelle principali città Turche e in Europa in sostegno alla resistenza di Kobane quali saranno le prossime mobilitazioni dei curdi ?
I curdi di turchia e del mondo intero hanno voluto manifestare il loro disaccordo e la loro rabbia contro la politica della turchia e allo stesso tempo rompere il muro del silenzio della comunità internazionale intorno a Kobane. Purtroppo durante la mobilitazione pacifica più di trenta manifestanti hanno perso la vita a causa della repressione della polizia Turca e degli attacchi di gruppi fascisti. Il primo novembre è stato dichiarato giornata mondiale di sostegno a Kobane, questo giorno alle ore 14 precise si terrà una mobilitazione generale. Per il resto i curdi si mobiliteranno sino a quando sarà necessario.
Alla luce dei fatti, chiedete che il PKK sia cancellato dalla lista internazionale delle organizzazioni terroriste ?
Certamente, poiché in questo momento il mondo intero vede che il PKK non è un’organizzazione terrorista e noi ne abbiamo oggi la prova migliore a Rojova, dove i combattenti hanno messo in salvo la comunità YEZIDIS a Sengal (Syncar) dove, pagando con la loro vita, hanno protetto più di 200 000 persone, formando un corridoio per il passaggio dei civili. Ma anche in questo momento a Kobane molti militanti del PKK combattono le forze barbare e oscurantiste.
Esistono ancora delle sacche di resistenza armata nel Kurdistan turco? L’esercito turco usa ancora i gas da combattimento contro i villaggi curdi?
Si, una parte dei combattenti del PKK sono ancora sulle montagne del Kurdistan turco poiché il suo governo non ha tenuto fede agli impegni della “road map” decisa a seguito dei negoziati tra OCALAN e lo stato Turco e questo ha creato un ritardo nella ritirata delle forze del PKK dalla frontiera turca. Si, l’esercito Turco utilizza ancora le armi chimiche contro i combattenti del PPK. L’ultima volta che l’ha fatto, a mia conoscenza, è stata la notte tra il 18 e il 19 ottobre 2011 a Cele (hakkàri) dove trentasei combattenti del PKK sono caduti, martiri della vigliaccheria dell’esercito Turco. Tra queste 36 persone si trovava anche una mia sorella militante nelle file del PKK dal 1999. Abbiamo dovuto mobilitarci per due mesi, ogni giorno davanti all’obitorio affinché lo stato turco ci rendesse le sue spoglie irriconoscibili .
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In seguito ci siamo rivolti a una delegazione di chimici europei indipendenti che si sono recati in turchia per effettuare un’autopsia, ricevendo un rifiuto deciso da parte delle autorità turche, a riprova dell’utilizzazione di armi chimiche. Una dimostrazione ulteriore del fatto che i turchi non rispettano i trattati firmati, poiché sono firmatari del CIAC, la convenzione contro l’utilizzo delle armi chimiche.
Puoi darci la tua versione dell’assassinio delle militanti curde Sakine Kansiz, Fidan Dogan e Leyla Saylemez avvenuto a Parigi nel gennaio 2013?
Sabine Kansiz era già un simbolo tra le donne Curde in quanto impersonava la resistenza di tutte le donne curde. Faceva parte dei fondatori del PKK e per questo era stata a lungo incarcerata nelle abominevoli prigioni Turche, subendo durante la sua carcerazione, innumerevoli torture senza mai rinnegare o cedere ai suoi aguzzini. Fidan Dogan (Rojbin) è cresciuta e ha studiato in Francia senza che questo le abbia impedito di militare con forza per la causa curda, diventandone rapidamente la voce della diaspora. Leyla Saylemez proveniva dalla Germania dove risiedeva insieme alla famiglia, era in Francia per sensibilizzare i giovani alla causa curda. Il loro assassino, Omer Guney, proveniva anche lui dalla Germania dove aveva vissuto durante tutta l’adolescenza. Quando arrivò in Francia in quanto esule, si presentò al centro culturale Curdo manifestando l’intenzione di divenire membro dell’associazione, come è usuale a migliaia di curdi della diaspora. Si è avverato, purtroppo, che dietro questa manovra si nascondesse ben altro fine. Per un anno parteciperà a tutte le mobilitazioni e alle riunioni dell’associazione, rendendosi talmente utile da guadagnarsi una certa stima e fiducia dentro l’associazione. Durante la visita a Parigi di Sabine Kansiz, si è offerto servizievolmente come autista per le tre militanti. Un giorno gli fu chiesto di condurle all’ufficio informazione del Kurdistan, che si trova in pieno centro di Parigi (ufficio del quale Fidan Doagan era la presidente) dopo averle accompagnate sul posto, il killer ritorna alla sua vettura, prende un’arma e risale sino agli uffici dove fredda le tre militanti. Questa è la versione data dalla polizia francese, anche se per loro ammissione questo crimine non è ancora stato realmente chiarito, nonostante quegli uffici fossero costantemente tenuti sotto controllo dai loro servizi. Ancora oggi non sappiamo se l’assassino fosse solo o avesse dei complici, quello che sappiamo per certo è che Omer Guney aveva dei legami con i servizi segreti turchi, legami di cui abbiamo le prove grazie a degli audio (in cui Omer Gueney descrive dettagliatamente il suo piano a un membro dei servizi turchi) e scritti (rapporto dei servizi turchi) intercettati da noi su internet. Alla luce di questi elementi mi pare chiaro che gli omicidi siano stati commissionati dalla turchia.
Cosa chiedete ai compagni internazionalisti per sostenere la vostra causa?
Noi chiediamo ai compagni internazionalisti di starci a fianco, solidali delle nostre lotte, per il rispetto dei nostri diritti nazionali partecipando attivamente alla mobilitazione generale. Ci aspettiamo un aiuto finanziario, alimentare e di assistenza medica. Che nessuno dimentichi che la resistenza di Kobane è la resistenza per l’umanità e la dignità. 1/Novembre 2014
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