Art 18 e “dintorni”

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Art 18 e “dintorni”.
È veramente magistrale la distorsione che il governo e la sua corte sta attuando sull’art. 18 e la tutela dei lavoratori. La diatriba fra Renzi e la Cgil insieme alla cosiddetta minoranza del Pd è il fumo negli occhi per distorcere l’accanimento, direi di classe, da parte padronale a tutta l’impalcatura, ormai residuale, del Contratto Nazionale del Lavoro e soprattutto quello riguardante la tutela del lavoratore. L’art 18 è stata una delle conquiste più importanti dei lavoratori perché è la parte che difende l’ingiustizia più evidente che il padrone può attuare sulla loro pelle, cioè sbarazzarsene senza motivo e giustificazioni alcune. Questa norma è applicabile a
tutte le aziende oltre i quindici dipendenti, e qui nasce già la prima falla o anomalia. In Italia le aziende che vanno oltre i quindici dipendenti non arrivano al 3% anche se i lavoratori coinvolti sono oltre il 40%, quindi l’importanza dell’art. 18 è evidente ma non è questo il punto. Il massacro sociale che si paventa con l’introduzione del Jobs Act e che trascina con se anche il discorso dell’art.18, è quello già avvenuto negli ultimi anni e trasforma le argomentazioni dei sindacati servili in una pietruzza che come sempre riesce a nascondere la trave, molto più devastante. Con le nuove direttive europee e della Bce che riguardano soprattutto e non solo il nuovo riordino del mondo del lavoro ma anche del Welfare e della Pubblica amministrazione, della Sanità e della Scuola, la macelleria sociale che si sta attuando, magistralmente gestita da Renzi, va oltre la tutela sui licenziamenti senza giusta causa. Si tratta semplicemente di inasprire ciò che già da diversi anni è avvenuto con i diversi governi “democraticamente” non eletti. Dalla devastante riforma Fornero, all’estensione dei nuovi contratti di assunzione, sempre più precari e flessibili e sempre più con retribuzioni da fame, basti guardare a quelli dell’Expo o nel mondo dell’agricoltura con i suoi 600 mila addetti con salari da 2 euro l’ora, e non parlo solo di migranti.
Riforme progettate nelle sedi europee e abbracciate dai nostri governanti come il toccasana per la nostra economia e per l’occupazione (quando invece gli ultimi dati sulla disoccupazione parlano di cifre spaventevoli e mai viste prima), riducendo l’importanza dell’art 18 ed evidenziando la sudditanza sindacale ad una politica sempre più accanita e in lotta (di classe) contro il mondo del lavoro. Lo scontro sull’art. 18 che si vuol far vedere, quindi, nasconde la parte più gravosa che è quella dell’annullamento, praticamente, della contrattazione nazionale del lavoro a favore della sua frammentazione con i nuovi contratti flessibili e territoriali o aziendali creando quindi un indebolimento della forza dei lavoratori che a livello generale perdono la propria capacità di influenzare in qualche modo le politiche industriali ma anche sociali. Si parla di annullamento del Tfr con la proposta, anche se ancora in sordina, di darlo subito al lavoratore ma al 50%, si parla di ridimensionare la maternità per le lavoratrici, già pesantemente condizionata, si parla di togliere i divieti per la video-sorveglianza nei posti di lavoro per un sempre più capillare controllo della vita lavorativa di ognuno, alleggerire le già ristrette norme sulla sicurezza del lavoro con conseguente aumento dello stillicidio di morti nei cantieri (si parla ormai di 4 al giorno), incentivare la truffa degli apprendistato senza tutele alcune, introduzione del mini-job così come avviene in Germania con assunzioni a 450 euro al mese. ecc. ecc. L’ennesima frammentazione del mondo del lavoro con garantiti e meno garantiti, frammentazione generazionale con i padri che invecchiano in lavoro e i figli che non trovano occupazione, con produttivi e poco produttivi, trascina la diatriba tra i sindacati confederali e la politica servile ai diktat europei, a uno scontro non scontro dove l’unica certezza della sconfitta è quella dei lavoratori, dei milioni di precari, dove lo spauracchio della fine del mese non esiste più, perché ormai la lotta è giorno per giorno. E’ giusto prendere posizione sull’art. 18 perché è una forza simbolica come lo è lo Statuto dei lavoratori, simbolica e anche ideologica, una sorta di scudo di classe, ma l’arroganza padronale e le sue sudditanze sindacali sono dei veri artisti della manipolazione e riescono a fuorviare i loro interessi per potersi accanire molto minuziosamente e dettagliatamente sul lavoratore, così come appunto si prospetta con l’attuazione del Jobs Act e le nuove politiche iperliberiste europee, per questo è doveroso mobilitarsi andando oltre il fumo dissuasivo dei sindacati servili e allineati alle logiche padronali.
Nikola