Il 23 dicembre, dopo due mesi di coma, è morto Farid Zijad al-Bayed, di 15 anni, la 35esima giovane vita uccisa da un soldato sionista, in terra di Palestina, nell’anno appena passato. Era stato ferito al petto e alla fronte, vicino a Ramallah. Sempre vicino a Ramallah il 18 dicembre è stato ucciso Ahmad Hazem Atta Zeidani, di 17 anni, colpito alla testa da una pallottola. Questa è solo la parte finale del 2016 in Palestina e della dolorosa conta dei suoi giovani strappati alla vita e dimenticati in fretta da un mondo che continua spudoratamente a distinguere fra morte e morte e a rappresentarne diversi gradi di importanza, anche quando si parla di bambini o di ragazzi.
I bambini in Palestina – nell’arco del 2016 ne sono stati feriti oltre cento e molti patiranno traumi permanenti – vengono colpiti e uccisi mentre escono da scuola o mentre giocano per strada; bambini che vivono nel terrore mentre cercano, quasi forzatamente, di distrarsi con una palla o con un aquilone, di distrarsi da un agguato probabile o imminente, come fossero dei nemici in guerra. In Palestina le famiglie, ormai, mettono in conto che l’uscita di casa dei loro figli può essere l’ultima. Una vergogna senza fine, quotidiana, da mesi e da anni.
I bambini in Palestina oltre essere colpiti, sfregiati e uccisi dalle pallottole sioniste, sono anche rinchiusi nelle prigioni di israele (v. foto). Nel 2016, secondo i dati di Addamer, Prisoner Support and Human Rights Association, su 6440 palestinesi arrestati – fra cui 164 donne – 1332 erano minori. A fine anno i prigionieri son saliti a 7000; 300 minori sono ancora reclusi, tra cui 22 bambine. Solo qualche giorno fa due di loro, di 13 anni, sono stati condannati a due anni di prigionia per il possesso di un coltello.
Nel frattempo, il mondo tace e fa finta di non vedere.
Il premier nazista dell’entità d’occupazione in Palestina insulta ripetutamente la ridicola assemblea dell’Onu e le sue inconcludenti risoluzioni, alimentando l’arroganza dei coloni che inarrestabilmente divorano il territorio come una cancrena, trattando e umiliando con crudeltà il popolo palestinese, tutti i giorni da settant’anni, con soprusi e angherie di ogni genere.
La soldataglia israeliana, in vent’anni di omicidi mirati, non ha mai subito nessun processo o procedimento disciplinare e solo recentemente, quando uno di loro ha ucciso a freddo un ragazzo già a terra ferito, è stato sospeso per qualche giorno dal servizio, in attesa di un improbabile processo. Così, la democratica opinione pubblica sionista, ha imbastito una calorosa indignazione a causa del mancato rispetto dell’eroico soldato. Eroico soldato che insieme ai suoi commilitoni, nell’arco del 2016, ha ucciso 117 palestinesi. Uccisi a freddo, come cani per strada, senza che il mondo si sia accorto di niente, distratto da altre morti eccezionali, quelle che coinvolgono le nostre abitudini, le nostre comode realtà e le nostre sensibilità, ammaestrate dal dominio imperante dove israele è partecipe e determinante, tralasciando il dolore del popolo palestinese, così come quello yemenita massacrato dalle bombe costruite in Sardegna o quello ucraino massacrato dai nuovi nazisti del sogno europeo. Morti che hanno un diverso peso nelle nostre coscienze perché coinvolgono le nostre responsabilità.
Un popolo miserabile, quello sionista, da boicottare, dalla sua economia e le sue strutture alle sue ramificazioni, per onorare Ahmad Hazem, Farid Zijad e tutti i bambini martiri in Palestina, per dare senso e rispetto all’uomo, alla sua esistenza e alla sua dignità.
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