Ancora una volta, come in un remake di un film degli anni settanta, le immagini dei Sioux che a cavallo irrompono verso i blocchi delle divise blu hanno il loro fascino e iniettano una sorta di ottimismo resistenziale nelle vene.
Le immagini riguardano la lotta degli indiani Sioux Lakota e i Cheyenne River, appartenenti alla Standing Rock Nation, che da mesi combattono in Nord Dakota contro l’oleodotto che dovrebbe attraversare la loro terra. Oleodotto lungo 1885 km. che attraverserebbe, anche, una parte del fiume Missouri – unica fonte d’acqua potabile per tutta la riserva – e che servirebbe a trasportare 500 mila barili di greggio al giorno. Gli indiani sono determinati a difendere la loro terra e le loro acque, come recita un loro comunicato: “Noi non abbiamo bisogno di petrolio per vivere, ma dell’acqua. Acqua che è un diritto umano, non un privilegio”.
La resistenza è proseguita ad oltranza per mesi, con scontri, arresti e feriti. Gli indiani hanno resistito ed attaccato, con il sabotaggio e con l’azione diretta, i mezzi delle ditte private che volevano iniziare i lavori, e le guardie che le difendevano.
La pericolosità degli oleo-gasdotti è ben conosciuta in America. Negli ultimi vent’anni infatti sono stati migliaia gli incidenti, con centinaia di morti e con una devastazione ambientale dalle proporzioni disastrose. Gli indiani non sono disposti a correre questo rischio e lo stanno dimostrando con determinazione.
Per diversi mesi, le immagini dei Sioux resistenti hanno fatto il giro del mondo e attirato diversi sostenitori, anche personaggi famosi di TV e cinema, approfittando della notorietà dei soggetti in causa per mettere in mostra il loro impegno, che comunque è servito a far conoscere questa storia. Ma hanno anche, e soprattutto, sviluppato interesse sulle componenti anticapitaliste ed ecologiste negli Stati Uniti e non solo.
I riflettori sui nuovi guerrieri indiani si sono abbassati quando a dicembre la U.S. Army Corps of Engineers, una sorta di branca dell’esercito americano specializzata in ingegneria e grandi progetti, ha respinto le richieste delle multinazionali interessate all’oleodotto. Molti, fra cui gli stessi indiani, hanno visto questa decisione come un temporeggiamento, essenzialmente rispetto ai provvedimenti che vorrà prendere il nuovo sceriffo Trump, che non si discosteranno molto, in materia ambientale e di sfruttamento delle risorse, da quelli del vecchio sceriffo appena uscito di scena. I giochi sono ancora aperti e come avvertono gli indiani: “per ora si danza, ma siamo di nuovo pronti per la guerra”.
Una lotta, questa dei Sioux Lakota, che insegna ancora una volta che è giusto spronare i cavalli verso il mostro capitalista, i suoi profitti e le sue devastazioni.
Commenti recenti