Tra il frastuono di mille conflitti che la cancrena capitalista e imperialista sta disseminando ormai in tutto il mondo, l’annientamento sistemico del popolo palestinese, periodicamente, cade in sordina e i riflettori si spengono come a rappresentare la calata del sipario e la fine deludente di uno spettacolo. Ma non è così, lo spettacolo continua e gli attori son sempre gli stessi: l’odioso mostro sionista e la terra di Palestina.
Proprio in questi giorni in Francia si sono ritrovati 26 paesi di tutto il mondo tra cui i membri del Consiglio di Sicurezza dell’Onu e rappresentanti Onu e Ue per, a loro avviso, arrivare a concludere l’ennesimo trattato di pace e ridiscutere la famosa opzione dei due Stati. Il solito teatrino, per spettatori ingenui, che dura ormai da decenni, mentre nel frattempo l’occupazione dei coloni si espande con l’annessione sempre più spudorata di terra palestinese e lo sterminio del suo popolo.
Mentre i signori del mondo facevano finta di occuparsi di Palestina, Ansar hussam Harasha, una 25enne, è stata uccisa nell’ennesimo, presunto, attacco col coltello verso i soldati sionisti in un check-point. La donna è morta dissanguata perché i soldati hanno impedito alle ambulanze di raggiungere il posto e soccorrerla. Fino ad oggi, dall’inizio dell’anno, sono 200 i palestinesi uccisi in situazioni simili e sono ormai a decine le testimonianze, con video e foto, che dimostrano che i coltelli non esistono o compaiano nelle mani dei soldati mentre li sistemano vicino ai corpi delle loro vittime, anche se il punto non è cercare la verità sull’uso dei coltelli o meno, perché un popolo prossimo allo sterminio ha il diritto di giocarsi tutte le carte, incluse quelle riguardanti i coltelli.
E’ bene ricordare, inoltre, che mentre si chiacchiera su possibili accordi di pace, l’occupante in terra di Palestina racchiude nelle sue prigioni i più giovani detenuti politici al mondo, come Shadi Farrah di 12 anni che è rinchiuso nelle galere di israele da sei mesi, in attesa di processo, come se fosse normale arrestare, processare o condannare un bambino di 12 anni. La madre del giovane detenuto può visitarlo una sola volta alla settimana, per motivi di sicurezza …
Tra devastazioni, omicidi, incarcerazioni e soprusi di ogni genere che il popolo palestinese deve subire quotidianamente, emerge la dignità di un popolo, il suo coraggio di andare avanti e di affrontare una resistenza che probabilmente ha pochi paragoni nella storia, e in questo contesto esistono mille storie di uomini e donne, giovani e bambini che con la loro forza riescono ad uscire fuori dai confini della barbarie.
Una di queste storie è quella di Mosab abu Toha di 24 anni che vive a Gaza City e ha lanciato una campagna internazionale per far arrivare da tutto il mondo libri in Palestina, e poter aprire una biblioteca pubblica nella Striscia, dove vivono un milione e ottocento mila persone ed esistono solo quattro biblioteche, semi distrutte. Impresa resa difficile dal fatto che dopo le operazioni militari sioniste di “Piombo Fuso” e “Margine Protettivo” a Gaza, quasi tutti gli edifici pubblici sono ancora macerie, polvere e desolazione.
Chi vuole saperne di più sulla raccolta libri può contattare Mosab, usando la pagina Fb: Library & Bookshop For Gaza.
Poi c’è la storia di Janna Jihad Ayyad, una bambina di 10 anni che vive nel villaggio di Nabi Salih in Cisgiordania e coltiva il suo sogno di fare la giornalista e quotidianamente pubblica su facebook e su You Tube la tragedia del suo popolo, visionando e mettendo in rete immagini che una bambina come lei non dovrebbe mai vedere, in modo che il mondo, come lei stessa dice “veda ciò che stanno facendo alla mia gente”… Anche questa è resistenza.
Con la resistenza palestinese
Fino alla vittoria
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