Sono un asterisco, un prodotto tutto sommato recente; o meglio, lasciate che vi spieghi: esisto da un po’ e il mio compito, in origine, era quello di richiamare l’attenzione su un termine al fine di spiegarlo.
Ma ora, ora mi si mette alla fine di una parola per privarla della declinazione di genere. La parola con me alla fine, non è femminile né maschile. A questo servo, ad arginare il machismo arrogante del linguaggio. Io. Ultimo baluardo contro la differenza di genere.
Sono un asterisco e oggi sono in attesa, alla fine della parola “compagn”. No, no, non dipende dai puntini di sospensione che, oggi, in questo documento, mi seguono nella frase.
Sono in attesa che qualcuno intervenga a correggere l’errore, o almeno a spiegarmi che ci faccio qui.
Che ci faccio qui, in questo documento che parla di libertà e rispetto? Che ci faccio qui, scritto da una mano sensibile che rimarca, attraverso me, che non ci può essere differenza tra le persone?
Niente prepotenza compagn, neanche nel linguaggio. Siamo tutti uguali, compagn, pari. Nessuno deve, almeno tra noi, prevaricare sull’altro.
Eppure oggi due mani hanno preso e stretto il foglio in cui sto; due occhi oggi hanno letto e riletto questo documento in cui mi trovo; una bocca ha positivamente commentato..anche la mia presenza.
Sono due mani di uomo(compagno), che hanno picchiato donne perché donne; sono due occhi di uomo (compagno), che hanno spiato, seguito, indagato donne perché donne; è una bocca di uomo (compagno), che ha lasciato uscire da sé frasi e parole come offese, umiliazioni di maschio perché maschio su donne perché donne.
Sono in attesa quindi, qualcuno corregga l’errore per favore o mi spieghi.
Sono in attesa, ma sono pericolosamente solo, ipocritamente presente e tanto, tanto avvilito.
Quasi quasi vado via.
Bradipia
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