Quest’anno l’8 marzo sarà caratterizzato da uno sciopero internazionale di donne e non solo, che vuole, forse per la prima volta da diverso tempo, dare una connotazione forte e di rabbia fuori dalle solite commiserazioni o dal festeggiare con spensieratezza, tra mimose e cenette di genere.
Fare l’elenco delle donne che hanno subìto violenza negli ultimi mesi, sarebbe una conta lunghissima, che è ormai sotto gli occhi di tutti e che la cronaca giornalistica aggiorna quasi quotidianamente, anche se in modo giornalistico, appunto: sangue, mostri e manette. Una conta che il potere e l’autorità usano magistralmente, creando e innescando il vivere di paura, un vivere che ha bisogno di protezione, controllo e di repressione, fuorviando dalle cause ma approfittando degli effetti. La paura imposta, manipolata e gestita dal potere allontana la possibile vittima – che in questo caso è la donna ma può essere l’omosessuale o il/la trans, ma anche il migrante o il barbone, il diverso insomma – da un’analisi approfondita della società, la sua impostazione e le sue gerarchie, creando una sorta di malvagità invincibile, che solo tramite le istituzioni si può riuscire a contrastare, implorando aiuto ad esse.
Le stesse istituzioni che hanno creato sia il patriarcato endemico al potere, sia le mille contraddizioni che il sistema capitalista produce nelle viscere della società. Per non parlare del ruolo della chiesa, della religione, delle religioni che hanno storicamente determinato il ruolo della donna subordinata, sottomessa e asservita.
Tutte queste istituzioni hanno bisogno di una paura perenne e di una sorta di debolezza di massa che non vada oltre il vittimismo o le commemorazioni, siano di piazza o meno, e per questo usano tutti gli strumenti necessari, tra cui il sangue in prima pagina e il mostro dato alla giustizia, come dicevamo, dove con la galera si fa assaporare alla comunità un sospiro di sollievo, una misera consolazione, e con il sangue l’urgenza di tendere la mano al sistema, che tutto ciò ha creato.
La trasversalità di alcune piazze e di chi si occupa del problema, dimostra la mancanza di accortezza e la confusione che si trascina sul dramma della violenza sulle donne, e così diventano tutto un unico palcoscenico sia i salottini televisivi, con donne famose e solidali che discutono, ben comode, dell’ennesimo caso, sia con chi veramente vive o ha vissuto il problema sulla propria pelle e sulla propria carne e vive ai margini di questa società, dove i rischi aumentano e così l’insicurezza stessa del vivere. La trasversalità sul problema ha creato, inoltre, un femminismo dogmatico molto efficace in un ottica neoliberista, ossia un femminismo solo di genere, da quote garantite per legge – la femminilizzazione del potere – e neofondamentalista, dove solo la donna occidentale è sinonimo di donna libera e dove solo le “nostre democrazie” possono essere le uniche garanti per la loro tutela. Così anche al femminile si auspicano e si votano guerre per la pace, leggi per la sicurezza e le necessarie, sacrificali, manovre economiche. Secondo quest’ottica, l’autodeterminazione della donna è garantita solo dentro gli steccati delle imposizioni e posizioni sociali, e solo cercando di scalare i gradini del sistema si avrà un maggior rispetto e senso di uguaglianza.
Un fondamentalismo dogmatico che non mette in discussione l’humus stesso dove si annida la violenza di genere e non solo, ossia la società malata: malata di precarietà, di sfruttamento e disuguaglianza; malata di preconcetti finalizzati a creare sempre più marginalità e diversità; malata di arroganza e protagonismo individuale; malata di patriarcato sociale strutturale al sistema e malata di mercificazione fra cui il corpo femminile usato e barattato come qualsiasi altra merce, in nome del profitto.
Senza questa messa in discussione, la conta sarà sempre più lunga e incontenibile e non sarà certo il carcere per gli energumeni, che sfogano il loro machismo e le loro frustrazioni su corpi sopraffatti, a fermarla. Lo sciopero dell’8 marzo potrà essere un passo in avanti se si è coscienti di lottare, giorno per giorno, contro questo sistema e le sue storture.
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