E’ spaventoso come la logica del potere riesca a gestire in maniera magistrale masse sempre più inebetite e sempre più assoggettate al giogo del dominio. Come riesca a distogliere, trasformare o amplificare realtà o disagi, in modo da ottenerne “effetti” irreali, da condividere in numeri considerevoli, in masse, appunto, e rendere le voci in disaccordo, sterili o inconcludenti.
L’indecenza imbastita in questi giorni sul dramma “migrazioni” ne è l’esempio più lampante e rasenta l’imbecillità umana fattasi sistema, da far spavento. La parola d’ordine è “ognuno a casa sua”. Una delle affermazioni che più descrivono l’insensatezza e la spudoratezza di chi vorrebbe “affrontare” il problema semplicemente con il “loro” e con il “noi”. Ognuno a casa sua è un’arroganza in termini, è una forzatura irreale, che tra l’altro “noi” non ci possiamo permettere. “Noi” che “in casa degli altri” ci “siamo” stati spesso e “siamo” entrati con brutalità e col saccheggio, “noi” che abbiamo depredato, rubato e umiliato: petrolio, diamanti, avorio, sudore ed esistenze; strappati con guerre, devastazioni, macerie e dolore. “Noi” dovremmo essere riconoscenti o meglio marchiati d’infamia, irrimediabilmente, nei confronti di mezzo mondo, per ciò che “abbiamo” causato, per ciò che “abbiamo” tristemente sperimentato sulla pelle di esseri che se ne stavano tranquillamente “a casa loro”. “Noi” invece, a “loro”, gli sputiamo persino in faccia.
I burattinai riescono a smorzare, offuscare, distogliere e trasformare. Piccoli esseri indecenti, vermi inqualificabili, menzogne viventi che parlano e blaterano di illegali, clandestini, invasori; equiparando uomini, donne e bambini a topi, stracci o materiale inerte da ruspare o accantonare. Cazzate di “massa”, dalle famose 35 euro per migrante, ai bambini che strappano i crocefissi, agli stupratori o assassini dalla pelle nera o agli zingari con piscine pronti ad entrarti in casa o a rubarti il tuo bel figlioletto. Un marasma di stoltezze, vomitate quotidianamente e assorbite dagli ebeti di massa, indottrinati e accecati da una sorta di paraocchi sociale, da non riuscire a vedere chi veramente sta entrando nelle “loro” case; entrando violentemente, distruggendo e annichilendo vite, esistenze e affetti. “Case” dove non c’è esistenza che non sia marchiata dal sopruso, dalla precarietà sociale, dallo sfruttamento, dalla morte nei cantieri, da una scuola sempre più classista, dal vivere con la durezza repressiva, col terrore di non poter andare avanti o con la triste scelta di “fermarsi” definitivamente. “Case” che potrebbero riconoscere la sensatezza del giusto vivere, proprio innescando una comunione di intenti, di rabbia e di riscatto sociale, con quelle masse che per forza di cose stanno spostando le “geografie” dell’esistenza, che per forza di cose saranno gli artefici del cambiamento umano, e che con la loro forza nata dalle viscere del dolore e del sacrificio, sono gli unici che stanno urlando al mondo l’indecenza di questo vivere, per portare così al rovesciamento radicale di questo assurdo e criminale dominio.
“L’unico confine che riconosciamo è quello che divide gli oppressi e gli sfruttati da una parte e gli sfruttatori e i privilegiati dall’altra. Gli uni sono la nostra patria, gli altri i nostri stranieri.”
Nikola
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