di Patrick Fogli
Edizioni PIEMME
Descrizione Una mattina di novembre, sei uomini armati in una banca. Una comune rapina, che si porta dietro un cadavere. La vita di Francesco che cambia di colpo. Quando qualcosa che dovrebbe chiudere col passato finisce invece per andarlo a stanare.
Un passato lontano. La fine degli anni Settanta, l’inizio degli anni Ottanta. Una loggia massonica che ha al suo interno militari, politici, uomini dei servizi segreti, banchieri e bancarottieri. Ragazzi di vent’anni che diventano il più pericoloso gruppo terroristico di estrema destra. Un’organizzazione clandestina che cambia faccia, ma non cambia uomini, non cambia ideali. Un magistrato che tenta di capire. E un uomo che molti vorrebbero uccidere insieme ai suoi segreti e che Francesco, invece, vorrebbe conoscere. Il suo presente viene dalla storia di quegli anni, coperta da una polvere così sottile che a volte basta soffiare un po’ più forte per farla affiorare. Dal racconto di quell’Italia assordata da troppi silenzi. E di quello che è successo prima e dopo l’esplosione alla stazione di Bologna, il 2 agosto 1980
Una premessa. L’Italia è il paese delle stragi impunite, piazza fontana, Brescia, le stragi sui treni, la nazione delle stragi di stato. E’ anche il paese dove, ormai, il giornalismo di inchiesta è quasi scomparso; non perché manchino ottimi giornalisti, ma perché fra querele, velinari e televisione ammorbante (esclusi pochi programmi) questo tipo di giornalismo non è più possibile farlo o non interessa.
E allora, per parlare di alcuni argomenti, si usa la narrativa; in particolare il romanzo poliziesco e/o il noir. La lettura di “Il tempo infranto” è una lettura a volte difficile, per chi non conosce la storia, ma certamente ha il pregio di riportare alla luce fatti della nostra storia recente, la strage fascista del 2 agosto 1980, alla stazione di Bologna, che molti hanno dimenticato o addirittura non conoscono.
Lo scrittore ricostruisce la storia della strage basandosi sulle pagine prodotte dagli atti processuali, discostandosi però dalla verità giudiziaria, che individuava come colpevoli i NAR. Personalmente condivido la tesi del libro, che punta il dito, non sull’organizzazione neofascista, ma sulla continuità fra questa strage e le altre che l’hanno preceduta: stragi commesse con la copertura di apparati dello stato.
Assistendo ad una presentazione del libro, l’autore ha detto che alcuni giovani, dopo la lettura del libro, hanno avuto la curiosità di informarsi.
In un paese, dove in un sondaggio, realizzato in non ricordo quale università, alla domanda “chi avesse ucciso Giacomo Matteotti”, la gran parte delle risposte indicava le brigate rosse, informarsi su cosa accadeva in Italia solo trent’anni, credo sia già un buon risultato.
Certamente, come ho letto in una recensione su un sito di letteratura, una ricostruzione, con precisi riferimenti storici, come ad esempio la “trilogia americana” (American Tabloid, Sei pezzi da mille e Il sangue è randagio) di James Ellroy, avrebbe giovato molto di più alla storia.
A questo aggiungo che una scrittura più asciutta, con meno frasi del tipo “(…) un sorriso che le illumina il viso come il primo sole di primavera(…) oppure (…)il sole del primo pomeriggio le sfiora i capelli come una carezza(…) di cui il romanzo è costellato, avrebbe dato più fluidità alla narrazione.
Rimane comunque un buon libro, come altri del suo genere, può servire a raccontare la storia “sporca” di questo paese, che in tanti, troppi, cercano di rimuovere.
Néstor Roca
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