L’Eritrea é uno dei paesi più poveri al mondo e uno dei più repressivi. Dopo l’indipendenza dall’Etiopia nel 1993, é governata da un solo uomo, Issayas Afeworki, anziano capo indipendentista che si sente sempre in guerra, sopratutto contro il suo popolo. Dal 2004 a oggi, un milione di eritrei (la totalità della popolazione ne fà 5 milioni) sono «evasi» dal proprio paese. Gli eritrei della diaspora sono molto giovani, spesso ancora bambini,il cammino dell’esilio é lungo e doloroso, moltissimi non arrivano alla meta. Dal 2009 ne sono partiti 50.000, (le cifre sono molto sottovalutate!) 10.000 non sono mai arrivati. Il «viaggio» inizia di solito passando per il Sudan, la Libia, quindi il Sinai egiziano, Israele, Lampedusa….fino in Svezia. La Svezia é l’Eldorado degli eritrei, perché é il solo paese europeo che é più disponibile all’accoglienza, e ironia della sorte, l’altro paese é l’Etiopia eterna nemica di Issayas Afeworki. Le guardie di frontiera sudanesi, libiche, e soprattutto egiziane, non possono non essere al corrente di questo immane traffico, o peggio non esserne complici, cosi come lo é il governo eritreo stesso.
Uscire dall’Eritrea é molto difficile senza il benestare degli apparati locali, da qui e a ogni tappa successiva i soldi sono la moneta di scambio per avanzare nel sogno di libertà. Come entrano nel territorio sudanese sono presi “in consegna” dai beduini del deserto legati a trafficanti di esseri umani, che vendono, passano e rivendono uomini e donne in un giro infinito di dolore e morte, che può durare anni.
Il territorio del Sinai dove sono situati questi campi di detenzione e tortura, dopo gli accordi di Camp David é una zona demilitarizzata, i beduini non hanno neanche carta d’identità, ma sono i re di questo triangolo maledetto.
Il costo di una vita costa circa 30.000$, le famiglie sono costrette a vendere i pochi beni che possiedono, le proprie case, animali. I soldi vengono versati dai parenti all’ Western Union in Israele, banca di transizione di fondi, da qui prelevati da prestanome e riportati in Sinai.
Fino al 2012 il passaggio verso Israele era la sola via di scampo, poi Netanyahu ha fatto costruire un muro e impedito a migliaia di eritrei di sopravvivere, ricacciati nel deserto e inseguiti dai dobermann, donne e bambini inclusi.
Chi ha la «fortuna» di superare in vita la frontiera ,in Israele lo attende un altro campo di detenzione, dove le condizioni di prigionia a volte li spinge a tornare nel deserto… Il campo più grande e conosciuto si chiama Saharonin, detto la «Guantanamo di Israele» ci possono stare mesi o anni. Dal 1951 Israele ha riconosciuto lo statuto di rifugiato a 220 eritrei. In compenso ne rispedisce un certo numero in Uganda, in cambio di aiuti economici. Questo si chiama «commercio legale» di esseri umani.
Meron Estefan é un’eritrea naturalizzata svedese, anima una radio a Stoccolma ed é una referenza per i fuggiaschi del suo paese. Le capita di ricevere telefonate dove il torturatore é in diretta, perché la prassi é quella di far sentire le urla del torturato. Dice: é impossibile negoziare con un beduino torturatore, ci si pone il dilemma se é giusto pagare il riscatto o sacrificare gli ostaggi, per non incrementare questo sterminio sempre più dilagante. Dice: chi non ha mai sentito il grido di morte di un fratello, sorella, figlio non può capire…
Meron Estefan, ha raccolto migliaia di testimonianze di sopravvissuti…
Germany Berhane ha imparato da piccolo a obbedire e non discutere, anche oggi che può parlare liberamente, ha pudore a testimoniare, come a chiedere scusa per quello che ha subito. E finito in un campo di tortura nel nord del deserto del Sinai nel marzo 2013, racconta l’odore di sangue, i corpi spezzati, i ricatti ai familiari per estorcere il denaro, di quante volte ha implorato una morte veloce, racconta di Wahid 16 anni violentata da sei uomini, e di Halefom suo fratello che piange in silenzio, perché non può urlare per non irritare gli aguzzini,perché non diventino più crudeli, di Filmon che é rimasto talmente a lungo appeso al soffitto che ha perso le mani, dice: ognuno di noi che é tornato alla vita si porta il peso di essere stato per costrizione l’aguzzino di altri compagni, altri hanno sviluppato la sindrome di Stoccolma, sono diventati sanguinari e hanno seviziato e ammazzato i loro co-detenuti. Poi ci sono i sopravvissuti che si perdono nella depressione e la follia…… I parenti di Germany sono riusciti a racimolare 25.000$, é uscito dall’inferno del Sinai nell’agosto 2013, un’eternità durata sei mesi, oggi vive al Cairo, aspetta di avere un visto “legale” per l’Europa. Sa che dovrà attendere dai tre ai cinque anni.
Nella periferia di El-Arish, a fianco al mondezzaio c’è un “cimitero senza nome” dove sono sepolti migliaia di eritrei.
Perseguitati nel loro paese, torturati e violentati nel Sinai, detenuti in Israele, o morti nelle acque di Lampedusa…
Con l’operazione « anti emigrante » MOS MAIORUM, per Germany, Wahid, Filmon Halefom, il viaggio nella barbarie non é finito.
Maria T
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