Per analfabetismo funzionale si intende l’incapacità di un individuo di usare in modo efficiente le abilità di lettura, scrittura e di calcolo nella vita quotidiana. Questa è la dicitura tecnica di questo fenomeno, che espressa in questi termini sembra sia un concetto per addetti scolastici ma che rimarca a fondo, invece, la trasformazione antropologica e la decadenza sociale in cui viviamo.
Le cifre riportate ufficialmente che riguardano questa anomalia parlano di oltre il 60% della popolazione, ossia 6 persone su 10 non conoscono la lettura analitica della realtà, non sanno rifletterla, non sanno studiarla nei dettagli e l’affrontano con superficialità. Così l’esistenza quotidiana viene vissuta senza approfondimenti o ragionamenti strutturati, ma solamente infarcita dalla mediocrità e dal senso comune del sentito dire.
Le biblioteche sono sempre più vuote e, secondo i dati Istat, il 40 per cento della popolazione, nell’ultimo anno, non ha letto un libro e 5 milioni di persone hanno completa incapacità di lettura. La tecnologia digitale sicuramente ha alimentato il distacco dalla realtà oggettiva, trasformando l’analisi e il concetto del vivere quotidiano in immagini e notizie veloci e parole spesso assorbite senza filtro né studio. Ma è soprattutto la tv che ha trasformato l’esistenza cognitiva delle persone, ed il bombardamento mediatico gestito dal potere ne ha lobotomizzato le menti ed i comportamenti emotivi, annullandone il senso critico e un minimo di capacità di approfondimento. Così i messaggi pilotati con cura fanno i loro effetti nella quotidiana ignoranza, dove il nulla propinato a tutte le ore acquista valenza e importanza. Così diventano attualità gli immancabili schizzi di sangue della cronaca nera, ovviamente la fiction con la divisa per dare sicurezza, il diverso da accettare ma con riserva, la cucina in tutte le salse, il calcio imperante o gli ipocriti insulti in diretta fra politicanti, ma anche i messaggi più fini dei trenta euro per migrante, del pericolo islamista e dell’attentato imminente, della guerra vista come emblema di pace, fino ad arrivare alla manipolazione storica con un revisionismo che riscrive le fondamenta di questa pseudo democrazia, come quando si equipara la resistenza antifascista ai repubblichini di Salò, solo per citare un esempio, e così via. Tutti tasselli mediatici improntati al condizionamento ideologico, un’arma in mano al potere e al suo populismo che lancia i proclami nella massa sapendo di non sbagliare il bersaglio. In questo modo, le contraddizioni del sistema capitalista, le sue tragedie e le sue nefandezze, vengono incanalate e fatte assorbire, ma prima trasformate, come realtà irreali. La verità imposta e inconfutabile, la mistificazione strutturale, utile soprattutto ad ingrossare le fila del razzismo, della xenofobia e della demagogia sono quanto necessita al potere per la sua sopravvivenza, per creare consenso di massa diretto e allontanare i riflettori del sapere dalla sua esistenza.
La spoliazione della scuola pubblica sta accentuando sempre più il divario culturale tra le classi sociali. Le famiglie proletarie devono rinunciare alla scelta di studiare e sono sempre più numerosi gli abbandoni dei poveri dai banchi di scuola – in Sardegna il 40% degli studenti interrompe gli studi prima di finire le superiori ed è il tasso più alto d’Europa; le università sono solo degli “esamifici” e non più luoghi di emancipazione sociale e di maturazione di coscienza critica. Così la scuola è divenuta l’addestramento selettivo per l’assoggettamento delle menti – l’aziendalizzazione delle coscienze – necessario per standardizzare la società ai criteri imposti dal “privato” e dal profitto capitalista, creando – da una parte – la manodopera dequalificata e sfruttabile al massimo e – dall’altra – la nuova classe dirigente sempre più funzionale alla logica padronale.
L’analfabetismo funzionale e l’ignoranza massificata sono strutturali al sistema e rappresentano l’efficienza assoluta nel gestire la massa rendendola inconsapevole, come dicevamo, della realtà oggettiva. I mezzi di produzione culturale come meccanismo di controllo sociale e di dominio hanno innescato e accentuato la supremazia intellettuale della classe al potere verso i suoi subalterni, e le percentuali che citavamo prima dimostrano l’incisività della persuasione nell’imporre le direttive su come vivere e soprattutto su come ragionare.
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