Gli incontaminati. Anticapitalismo indigeno

In diverse parti del pianeta esistono comunità che non hanno mai avuto contatti con l’esterno, ossia con il mondo che siamo abituati a conoscere, quello del luccichio delle vetrine strapiene di prodotti da consumare, dello sfruttamento dell’uomo sull’ambiente, per produrre quei prodotti, e dello sfruttamento dell’uomo per poterli comprare e che in molti pensano, sbagliando, che sia l’unico mondo che abbiamo.

I popoli indigeni, gli incontaminati, contano almeno 400 milioni di persone, più della metà sono considerati popoli tribali e vivono in circa 80 nazioni, sono a rischio perché il loro territorio è da sempre meta ambita dai saccheggiatori di risorse e di materie prime necessarie per l’opulenza capitalista. Le cosiddette tribù più conosciute sono presenti nelle Americhe, in Africa e in Asia e nello specifico in Perù, Brasile, Paraguay, Africa Centrale, Etiopia, Australia e India.

Solo i boscimani sono circa 100 mila e vivono in Botswana, Namibia, Sud Africa e Angola. Proprio in Botswana agli inizi degli anni ’80 furono rinvenuti dei giacimenti di diamanti e per gli indigeni, i boscimani, iniziò l’inferno. Nel 2005 si arrivò ad una vera e propria escalation occupazionale e i loro rifugi furono distrutti e così i loro pozzi per l’acqua. Furono deportati dal loro territorio e ora vivono con una misera razione di cibo passata loro dal governo, distrutti dall’alcol e da malattie che non sapevano neanche esistessero, mentre i diamanti estratti dalle loro terre luccicano nelle nostre vetrine.

In Australia prima della colonizzazione inglese, si è stimato vivessero circa un milione di Aborigeni. Nel corso di un secolo sono stati ridotti a circa 60 mila, una sorta di genocidio silenzioso; i loro figli ancora oggi vengono tolti alle loro famiglie per darli in mano ai missionari o ai bianchi. Vivono nelle periferie delle città australiane, alcuni fanno gli schiavi nelle fattorie sorte proprio nei loro territori espropriati o fanno i minatori per le multinazionali fameliche di risorse e profitto che dalla terra degli aborigeni hanno fatto i loro imperi. Gli aborigeni hanno resistito a lungo, ma la ferocia colonizzatrice, praticamente, è riuscita ad estirpare questo popolo, la sua cultura, la sua lingua e la sua esistenza.

In Amazzonia, al confine tra Perù, Brasile e Bolivia, vive la più grande comunità indigena che non aveva mai avuto contatti con l’esterno fino a qualche anno fa, e ora dopo violenze di ogni genere e malattie portate dall’uomo bianco, si difende con archi e frecce e trappole nei boschi, lanciando messaggi chiari per dirci che dal nostro mondo vogliono tenersene fuori e possono farne benissimo a meno, rifiutando l’evangelizzazione missionaria o quella monetaria. Sono i Mashco-Piro, i Murunahua e altri ancora non classificati, e dopo l’era della gomma, dove le multinazionali schiavizzarono questi popoli per la sua estrazione, uccidendo chi si ribellava, molti si sono isolati all’interno della foresta incontaminata non accettando la presenza incivile dell’altro mondo. Sempre nella parte settentrionale dell’Amazzonia peruviana, c’è da ricordare il massacro di Bagua, nel 2009, dove, mentre gli indios protestavano per la svendita dei loro territori alle compagnie petrolifere estere, il governo peruviano non ha esitato a sparare sulla folla, trovando comunque una netta resistenza fra gli indigeni. Il bilancio fu di una decina di morti fra i poliziotti, al guinzaglio delle multinazionali, e tantissimi fra i manifestanti.

I Mapuche, letteralmente “figli della terra”, sono gli indigeni più famosi e conosciuti al mondo. Sono gli unici che hanno resistito agli spagnoli 500 anni fa, vivono nel centro sud dell’Argentina e del Cile e hanno una filosofia di vita che li lega al rispetto assoluto della natura, non hanno uno Stato o un’organizzazione verticistica, tutti hanno diritto alla parola e prendono le decisioni in forma collettiva. Nel 1994 l’Argentina vara una risoluzione aggiuntiva alla Costituzione che garantisce il riconoscimento delle diversità etniche e culturali per le popolazioni indigene, ma ovviamente solo sulla carta. È storia attuale, infatti, che lo Stato argentino abbia venduto le terre dei Mapuche a imprese straniere come Benetton che si è accaparrato, negli anni ’90, circa 900 mila ettari di terra in Patagonia, creando una sorta di regime latifondista, con sfruttamento umano e delle risorse mapuche, creando tramite lo Stato un vero e proprio regime, con pestaggi, carcerazioni e torture. Ma i Mapuche sanno resistere, lo fanno da 500 anni, con gli archi, le frecce e la polvere da sparo.

I nativi americani ormai isolati in sempre più ristrette riserve e quasi del tutto annientati dall’alcool e la droga, hanno tenuto, comunque, un contegno resistenziale che, periodicamente negli anni, li porta a conquistarsi il dovuto spazio e rispetto nei confronti di Stati sempre più soggiogati dalle multinazionali, che trattano gli esseri umani in base alle esigenze di profitto: o schiavi o l’annientamento. È cronaca di questi giorni, l’opposizione dei Sioux nel Nord Dakota ad un oleodotto che, se costruito, trasformerà inesorabilmente le loro terre, le loro acque e le loro esistenze. Indiani che sanno resistere con orgoglio.

Nel 1994 in Messico, nella regione del Chiapas, esplose la rivolta zapatista, che culminò con 300 morti e che, dopo una lunga trattativa con il governo messicano, terminò nel ’96 con gli accordi di San Andrès, sancendo l’autonomia di 50 municipi indigeni. L’indipendenza e l’autonomia dei territori zapatisti oggi sono sotto gli occhi di tutti, con l’esperienza dell’autogoverno e col rispetto delle comunità indigene da parte del governo messicano. Nel 2018 è prevista la candidatura di una donna del Congresso Nazionale Indigeno per le presidenziali messicane, una scelta non condivisa da tutti per il rischio istituzionale che la scelta potrà provocare nella lotta zapatista, ma che comunque accenderà i riflettori di tutto il mondo su questa terra da secoli in lotta per l’autodeterminazione.

È evidente, per concludere, che non esiste solo il mondo dell’opulenza, dello sfruttamento dell’uomo sull’uomo, delle Borse e delle multinazionali che succhiano l’esistenza umana come mostri famelici, ma esiste, anche, un mondo che per centinaia di anni ha saputo convivere e rispettare la natura e l’uomo con tutte le sue sfaccettature, consapevole della catena che lega indissolubilmente tutte le maglie di un sistema perfetto, dall’acqua, la terra, agli animali.

In questo mondo esistono, ancora oggi, uomini e donne che hanno deciso di resistere e che, consapevolmente o no, si rivolgono alle coscienze di tutti noi, e ci chiedono di lottare, a nostra volta, nelle nostre realtà, per trasformare in movimento tangibile le parole d’ordine solidarietà e internazionalismo

 

“Marici weu Marici weu”(dieci volte vivremo, dieci volte vinceremo) – Mapuche